Che tristezza vedere il giornale dei vescovi, Avvenire, che plaude a Grillo e al grillismo, cioè alla peggio retorica secondo la quale chi fa politica è sempre un mascalzone e chi protesta in piazza sempre un virtuoso. Avvenire ha messo ahimè nero su bianco tutto questo nientemeno che nell’editoriale dell’altro ieri, cioè domenica, cioè giorno della sua maggior diffusione, cioè giorno in cui quel giornale viene venduto in chiesa a chi va a messa.
Non stiamo a riportare troppo di ciò che è stato scritto. Bastino un paio di concetti: la convinzione che «l’Italia è clamorosamente migliore di chi la rappresenta» e l’affermazione secondo la quale il popolo dei grillini «non assomiglia tanto all’Uomo Qualunque», ossia a un fenomeno archiviato come populista e becero, quanto «a quello che proruppe nel primo referendum Segni», memorizzato al contrario come lindo e meritorio. È comunque un articolo che non si presta a equivoci, tanto che Repubblica ieri ha titolato: «Il giornale dei vescovi sdogana Grillo: politici impopolari, il Paese è meglio».
Beppe Grillo ha impiegato solo poche ore per ringraziare: dal palco di Jesolo, dov’era in tournée, ha insultato il Papa definendolo «un amministratore delegato tedesco che gestisce due milioni di lavoratori in nero», cioè preti e suore (i quali tra l’altro - lo sa Grillo? - sono regolarmente stipendiati dalla Chiesa e pagano le tasse). Ma non c’era bisogno di Jesolo per sapere che cosa pensa Grillo del cattolicesimo. Il 12 maggio scorso, in occasione del Family Day tanto sponsorizzato dallo stesso Avvenire, il comico genovese mandò in onda su Internet il famigerato video della Bbc secondo il quale i preti sono tutti o quasi tutti pedofili, e Ratzinger il loro protettore. Difficile pensare che chi ha scritto l’editoriale non ne fosse a conoscenza, tutti i giornali ne parlarono, ci fu pure una trasmissione da Santoro. E poi: ad Avvenire sanno niente di un video di Grillo intitolato «Vaffanculo a Benedetto XVI»? È in rete su Youtube.
Ma non è solo per questo che lo sdoganamento di Grillo è sconcertante.
Sconcerta ancor di più l’appiattimento, da parte di un pensiero che dovrebbe essere alternativo al mondo, sulla retorica modaiola che divide il mondo tra amministratori disonesti e amministrati onesti. Vogliamo essere chiari per evitare equivoci: non c’è alcun dubbio che la classe politica italiana abbia dato e continui a dare intollerabili prove di arroganza e anche di disonestà; noi stessi, voglio dire noi del Giornale, abbiamo dedicato più e più articoli alla questione. Ma non è accodandosi ai moralisti che vanno in piazza che si risolve il problema; anche perché tra quei moralisti - c’è da scommetterlo - non mancano sicuramente i finti malati, i professionisti del lavoro senza ricevuta, i fuoriclasse delle note spese gonfiate, tanto per parlare solo delle violazioni al settimo comandamento, visto che per una certa morale ormai esiste solo quello.
La protesta di Grillo e dei suoi può anche avere qualche effetto salutare, ma è sconvolgente che un giornale come Avvenire non ne colga quello letale, e cioè l’esaltazione di una mentalità secondo la quale la colpa è sempre degli altri. Ancor più sconvolgente è che Avvenire non si renda conto di quanto sia folle Grillo quando garantisce sull’onestà futura dei suoi candidati: nemmeno Iddio è mai arrivato a tanto, che diamine, c’è il libero arbitrio, e nel doman non v’è certezza.
Conosco e stimo il direttore di Avvenire e sono certo che queste considerazioni le condivide anche lui. Ma purtroppo l’editoriale di ieri ricorda tante altre posizioni di un certo mondo cattolico.
Michele Brambilla
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