Cronaca locale

Prêtre dirige «Pelléas et Mélisande»

Elsa Airoldi

Nel 1893 Debussy assiste a Parigi a una rappresentazione del Pelléas et Mélisande di Maeterlinck.
Stretto tra riforma wagneriana e impatto spesso cruento del repertorio verista, ma portato per indole e humus culturale all'estetica simbolista-impressionista, il compositore cerca da sempre un libretto senza tempo e senza storia. Sospeso nel vuoto del nulla, regalo alle menti che si nutrono di sogni.
L'impatto col Pelléas è dirompente. Sarà la sua opera, la sua unica opera. Un capolavoro che qualcuno definisce in assoluto il più affascinante del teatro musicale. Ci metterà nove anni a scriverla, partendo direttamente dal testo drammaturgico le cui parole vengono incapsulate nella sfera della musica.
Anche per lui come per Wagner non esiste più la frattura aria-recitativo. Ma la sua melodia continua è un dettato frastagliato, imprevedibile, atemporale e antinarrativo. I temi non conoscono sviluppo, le melodie durano una manciata di battute. La storia non storia è un pretesto, un'illusione che oscilla col movimento dell'acqua, un'epopea di figure-simbolo.
Il padre dell'impressionismo musicale consegna all'opera una nuova concezione. Il dramma lirico Pelléas et Mélisande va in scena tra mille contestazioni e la gioia di qualche illuminato il 30 aprile 1902 all'Opéra Comique di Parigi.
Alla Scala arriva poco dopo, nel 1908 con Toscanini e in lingua italiana. Seguiranno le bacchette di De Sabata, Karajan, Prêtre (1973 e '77, con regia di Menotti e Ponnelle) e Abbado, nell'86. Esattamente venti anni fa.
Georges Prêtre, che ha appena festeggiato gli ottanta, si presenta alla Scala, in Sala gialla, per parlare della nuova produzione, in scena dal 2 al 19 novembre. Ammiccante, charmeur, appassionato. Con lui il compagno di viaggio di una vita, Pierre Médicin regista e scenografo. Vale la pena ricordare come Prêtre abbia diretto al Piermarini un repertorio operistico assai vasto. Ma fermo al 1982 per un contrasto con il teatro. La Turandot del 2001 è solo un fuori programma che rende omaggio a Sinopoli. Opere alla Scala mai più. Detto e fatto. A eccezione del Pelléas perché non è un opera ma un «dramma lirico». Il maestro ama le voci, ma non sopporta le polemiche, lo strapotere dei registi…
Altro è il rapporto con Médecin con il quale pensa al Pelléas del'56 in totale comunione di intenti. Il direttore parla del dramma del suo cuore con toni infiammati. La parola che si fa musica, l'assenza di vere arie, le prime sei battute della partitura: quattro cupe e nel buio, la quinta grondante sensualità… Il dramma è gia tutto lì. L'impegno principale dei cantanti è l'esigenza di entrare profondamente nello spirito del fraseggio, comprendere il messaggio immateriale del timbro-colore. Si ferma.
Pierre Médecin racconta con foga e non lo ferma nessuno. L'unico vero personaggio del dramma è Golaud, marito di Mélisande, fratellastro di Pelléas, padre di Yniold, figlio di Généviève e Arkel. Tutti simboli-archetipo privi di carne e di sangue. Da decenni il regista cerca una chiave di lettura. Che sulle prime individua nella caduta da cavallo di Golaud. Un caduta che significa perdita. Ed è il pretesto per un allestimento ambientato in una casa di cura dove Golaud è il paziente e gli altri le sue proiezioni. Poi gli pare troppo. No, forse Golaud sogna. I personaggi sono cronologicamente insensati, Mélisande è «la» donna: misteriosa, fragile, fedele, traditrice, sposa, madre, amante. Forse puttana...
Prêtre insorge con un sospiro, «No, p... no. Ci sono le nebbie amorose… Pelléas la possiede solo stringendo tra le mani i suoi capelli… mentre Arkel pronuncia quella frase "se fossi Dio avrei pietà del cuore degli uomini... "». Ma Prêtre e Médicin saranno poi così simbiotici? «A Georges tocca il sogno,a me renderlo tangibile», taglia corto Pierre.
Il nuovo allestimento riprende, ampliandolo per gli spazi (che affettuosa la gente della Scala! e che eccellenza le masse!) del Piermarini, la versione '98 dell'Opéra-Comique. Il palco è coperto dall'acqua, nel mezzo ruota una scena fissa che mostra un volto di donna (l'ha disegnato Puvis de Chavennes? No, tutti i pittori della Francia di Debussy). Fondamentale la regia luminosa.

In primo cast Pelléas è Jean-François Lapointe, Mélisande Mireille Delunsch, Golaud François Le Roux, Arkel Alain Vernhes, Généviève Nadine Denize.

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