Gianmarco Chiocci e Gianluigi Nuzzi
L’inchiesta del Giornale sull'affare Siemens-Italtel costringe il premier a una difesa che non convince, e a una smentita di fatti veri e riscontrati che solleva nuovi, interrogativi sul suo operato all’epoca della presidenza all’Iri. Già, perché il procuratore di Bolzano, Cuno Tarfusser e il pm Guido Ruspoli, alle agenzie di stampa si limitano solo a dire che il premier non è indagato (circostanza peraltro mai scritta, e nemmeno ipotizzata, dal Giornale) confermando in toto la ricostruzione sulle indagini riguardanti la cessione di Italtel a Siemens dove vi è stato il sequestro delle fatture delle consulenze del Professore.
«L’indagine - scrivono in un una nota i magistrati - riguarda possibili pagamenti illeciti da parte della Siemens nell’ambito dell’acquisizione di una quota dell’Italtel». E di seguito: «Vero è che da anni stiamo indagando sulle modalità di acquisizione da parte della Siemens di una quota significativa dell’Italtel e lo spunto investigativo per questa indagine ci è stato fornito da un fatto, ormai pacificamente accertato, e cioè l’avvenuto pagamento da parte della Siemens all’ingegnere Giuseppe Parrella di 10 milioni di marchi tedeschi a titolo di “mediazione”. In questo contesto è significativo che, sempre stando alle risultanze incontrovertibili delle indagini, questo pagamento è avvenuto attraverso e utilizzando fondi neri della Siemens e che la controprestazione dichiarata dalle parti è risultata essere inesistente. A questo punto, e proseguendo doverosamente nelle indagini per accertare se organi gestionali di chi ha venduto abbiano ottenuto illeciti pagamenti dalla Siemens per avvantaggiarla rispetto ad altri potenziali acquirenti, abbiamo inoltrato diverse rogatorie internazionali». La fase delle indagini «condotte anche in stretta collaborazione con i colleghi tedeschi e austriaci», e nell’ambito della quale «abbiamo anche svolto indagini in Italia acquisendo documentazione», è volta, sempre secondo i pm, «a verificare se ci sono stati pagamenti illeciti della Siemens verso l’Italia e chi siano stati gli eventuali percettori di dette somme».
Forte di una smentita inesistente da parte dell’autorità giudiziaria «travisata» dalle agenzie di stampa, Palazzo Chigi minaccia sfracelli e annuncia querele «alla luce della puntuale smentita della procura di Bolzano rispetto ai contenuti e al titolo dell’articolo del quotidiano», ribadendo che «tutte le attività di privatizzazione compiute dall’Iri nel periodo in cui Prodi era presidente, sono state effettuate nel pieno rispetto delle normative all’epoca vigenti e a condizioni economiche congrue».
Duro l’affondo di Sandro Bondi di Forza Italia: «Secondo una massima cinese “chi solleva una pietra e se la fa cadere sui piedi è stolto”. Imprudente fu il sottosegretario Levi che evitò le delucidazioni chieste dall’onorevole Michaela Biancofiore con un’interpellanza controfirmata da me e da Elio Vito, sulle vicende che hanno portato alla svendita di Italtel a Siemens. Soprattutto - spiega - lo fu nel non rispondere alla richiesta di chiarimento in merito al rapporto riservato della Siemens, in cui si leggerebbe testualmente che l’avvento di Berlusconi a Palazzo Chigi veniva visto come un pericolo di rimozione per Prodi, fino al punto da pregiudicare la “svendita di Italtel” a favore di acquirenti più equi e dunque a favore dello Stato italiano».
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