da Bagdad
Rispondendo alla domanda di un giornalista, che gli chiedeva quando sarà giustiziato Saddam Hussein, il primo ministro iracheno Nuri al Maliki ha risposto in tono scherzoso: «A Dio piacendo presto». «Il processo a Saddam Hussein non andrà avanti ancora per molto», ha detto Al Maliki nel corso di una conferenza stampa a Kuwait City, dove si trova in visita; lex dittatore «sarà presto giustiziato per i crimini che ha commesso, e ciò avverrà subito dopo la sentenza del tribunale».
In merito allannuncio del presidente iracheno Jalal Talabani, che non intende firmare il decreto di esecuzione delleventuale condanna a morte di Saddam, essendo contrario alla pena di morte per principio, Al Maliki ha spiegato: «Questo non è un problema. Se Talabani non firmerà lo farà uno dei suoi vice».
Sulla vicenda è stata lanciata una petizione a Strasburgo, al Parlamento europeo, dal Partito radicale transnazionale e dallorganizzazione Nessuno tocchi Caino, per evitare che Saddam Hussein sia giustiziato nel caso il tribunale lo condanni a morte. Liniziativa ha raccolto ladesione di una cinquantina di deputati di nove nazionalità, cui il presidente del gruppo dellAlleanza liberaldemocratica (Alde) Graham Watson e gran parte dei parlamentari italiani dei Ds, Margherita, Alleanza nazionale, della sinistra, oltre a Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.
Il premier Al Maliki ha anche reso noto che il suo governo intende chiedere lestradizione della moglie e della figlia di Saddam, o comunque metterle nella condizione di non poter più sostenere il terrorismo. Bagdad sostiene che i parenti di Saddam in esilio continuano a finanziare i gruppi dei ribelli, legati allex partito Baath. La moglie dellex raìs, Sajida Khairallah Tulfah, vive in Qatar, Paese che le ha garantito lasilo politico. Sua figlia, Raghad, vive invece in Giordania.
Ieri lesercito americano ha fatto sapere che il nuovo leader di Al Qaida, Ayyub al Masri, moltiplicherà gli attentati con autobomba. E quasi a conferma di ciò, anche ieri lesplosione di una serie di ordigni ha provocato una ventina di morti e circa 50 feriti.
Il governo iracheno ha infine annunciato di aver avviato contatti con una ventina di gruppi ribelli. «Abbiamo contattato tra i 15 e i 20 gruppi ribelli, ma per il momento ignoriamo il loro peso politico», ha detto il segretario di Stato incaricato del dialogo nazionale, Akram al Hakim, in una conferenza stampa.
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