Il premier prepara la sua bozza Apertura al Prc, Dini perplesso

Sulle quote accolte le richieste dell’ala radicale. La Cdl presenta un dossier all’Unione europea

Il premier prepara la sua bozza  
Apertura al Prc, Dini perplesso
Roma - Una proposta prendere o lasciare, inemendabile, politicamente blindata dall’appello affinché ognuno si assuma le sue responsabilità. La partita delle pensioni è in mano al premier Romano Prodi, che si appresta nei prossimi giorni a tentare l’ultima carta. E la richiesta di fare un passo indietro sarà rivolta ai sindacati - che vogliono arrivare a un’intesa, ma che nel merito continuano a non condividere nemmeno le stime sui costi che vengono dal ministero del Tesoro; alla sinistra radicale (Rifondazione comunista, Pdci e verdi), che non vuole far cadere il governo, ma che ufficialmente non si è spostata dal concedere uno scalino e gli incentivi. E anche alla sinistra moderata (Margherita, Riformisti Ds, Capezzone, Rosa nel pugno) che negli ultimi giorni ha fatto sentire la sua voce. E che ieri, di nuovo per bocca di Lamberto Dini, ha lanciato un avvertimento chiarissimo: se la proposta di Romano Prodi non mi convincerà non la voterò.

Le ipotesi circolate ieri sono effettivamente destinate a non piacere a Dini e generalmente a chi, innanzitutto le istituzioni europee, chiede una riforma compatibile con la situazione dei conti pubblici italiani. La proposta sul superamento dello scalone previdenziale - quello contenuto nella riforma Maroni che alza l’età pensionabile dal 2008 da 57 a 60 anni - sarebbe quella circolata negli ultimi giorni del mix tra un solo scalino e le quote. Dal 1° gennaio l’età pensionabile passerebbe da 57 a 58 anni e dopo due anni scatterebbero le quote. Particolarmente soft il mix di età anagrafica e contributiva ipotizzato: nel 2010 scatterebbe quota 95 e dopo altri due anni, 96. Ipotesi lontanissima da quelle formulate in queste settimane dai tecnici del ministero dell’Economia, propensi semmai a fare tre scalini (58 anni nel 2008, 59 nel 2009 per arrivare ai 60 della Maroni nel 2010), perché l’unica quota che può garantire gli stessi risparmi dello scalone, hanno ripetuto più volte i giorni scorsi, è molto superiore a quelle prese in considerazione, fino a 98.

A confermare l’ipotesi di una riforma generosa (con i pensionandi), il fatto che in queste ore il governo stia lavorando esclusivamente alla copertura. Si rafforza l’ipotesi di un ulteriore aggravio dei contributi per autonomi e parasubordinati, giustificato dal fatto che il governo punta a parificare le trattenute previdenziali di tutte le modalità di lavoro. Poi serviranno altre risorse da ricercare nei risparmi della politica e, forse, in un giro di vite sulle donne.

Il contrario di quanto la Commissione europea aveva chiesto all’Italia. Una situazione che il centrodestra ha deciso di segnalare all’esecutivo Ue presentando - ha annunciato il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi - un dossier a Bruxelles nel quale si descriveranno «gli squilibri prodotti da questa intesa a senso unico con la sinistra politica e sindacale». Oltre all’equilibrio dei conti c’è anche il nodo dell’equità generazionale e in questo senso Simone Baldelli di Forza Italia ha promosso una raccolta di firme tra parlamentari più giovani. Qualche spiraglio di un’intesa tra moderati e massimalisti della coalizione di governo emerge dalle parole del ministro al Commercio internazionale Emma Bonino che ieri ha rilanciato la parificazione dell’età della pensione di vecchiaia tra uomo e donna. Che costituisce una delle possibili coperture. E lo stesso Lamberto Dini sembra non escludere un aumento dei contributi quando chiede che la copertura venga dall’interno del sistema previdenziale.

La scelta tra il singolo scalino o i due scalini (fino a 59 nel 2009 per poi far partire le quote) resta comunque appesa alle ultime verifiche sulla copertura che il presidente del Consiglio ha commissionato ai ministri.

Il testo sarà con tutta probabilità inserito in un decreto collegato alla finanziaria. Ma l’intesa dovrà arrivare in tempi brevi. E se non sarà così, osservava ieri una fonte sindacale, vuole dire che l’obiettivo è il governo Prodi e non le pensioni.
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