Bruxelles - A mezza bocca lo va dicendo da giorni, tanto che mercoledì sera l’ha buttata lì durante un conciliabolo a margine della cena con i Responsabili di Saverio Romano e ieri a Bruxelles l’ha ripetuto durante una pausa della lunga riunione del Consiglio europeo. Mai pubblicamente, certo, perché manifestare preoccupazione per eventuali ritorsioni della Libia sull’Italia sarebbe impensabile e da incoscienti. Ma che il problema esista non lo dimostra solo il cattivo umore che accompagna la trasferta del Cavaliere in Belgio ma pure un deciso cambio di passo sul fronte prevenzione al ministero degli Interni. Dove il Casa, il Comitato di analisi strategica antiterrorismo composto da polizia e servizi d’intelligence, invece di riunirsi come da prassi una volta a settimana è praticamente convocato in forma permanente da quando è iniziata la crisi in Libia. Mentre una circolare del capo della polizia Antonio Manganelli a prefetti e questori ha indicato in alcuni snodi di trasporto e alcune ambasciate i luoghi più sensibili. D’altra parte, qualche giorno fa, lo stesso ministro della Difesa Ignazio La Russa aveva ammesso che «eventuali rischi sono stati messi in conto». Anche se, spiega il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, «segnalazioni specifiche non ce ne sono».
Berlusconi, che sulle modalità d’intervento in Libia da parte della cosiddetta Coalizione dei volenterosi continua a nutrire fortissime perplessità, teme però che Gheddafi possa sentirsi «tradito» dalla decisione dell’Italia di partecipare alla missione. Che, continua a ripetere il premier ai suoi collaboratori, «doveva avere tutt’altra funzione e tutt’altre modalità». Tanto che il sottosegretario Mantovano sottolinea proprio due elementi: il primo è che «qualcuno in Italia potrebbe raccogliere eventuali input del Colonnello che è possibile si senta scaricato»; il secondo è che «anche chi nulla ha a che fare con Gheddafi possa sentirsi investito della missione di “vendicatore”» come accadde nel 2009 a Milano con l’attentato alla caserma di Santa Barbara. Ma i dubbi del Cavaliere sulla questione libica non sono tanto legati ai possibili rischi per l’Italia. Berlusconi, infatti, è sinceramente scettico su più d’un punto. E pur avendo seguito l’unica strada possibile da presidente del Consiglio (quella di entrare nella coalizione), personalmente resta piuttosto perplesso. Intanto, lo dice durante la cena con i Responsabili ma lo ripete anche a Bruxelles quando al consueto pranzo del Ppe preferisce un passaggio in albergo per fare il punto con l’ambasciatore italiano presso l’Ue Ferdinando Nelli Feroci, «non è chiaro chi partecipa al Consiglio nazionale di transizione in Libia». Visto che, fa notare, ne fanno parte anche due ex ministri di Gheddafi. Sarebbe, insomma, «un soggetto difficile da decifrare», fatto da un insieme di tribù su cui bisognerebbe fare chiarezza per evitare che si passi da un regime a un altro.
Senza contare che nonostante le indiscrezioni diano per scontato il passaggio delle operazioni militari sotto il cappello Nato entro lunedì o martedì, Berlusconi resta decisamente contrariato da come Parigi stia gestendo - e per molti versi continuerà di fatto a gestire - la crisi. «Non si capiscono gli obiettivi, i tempi e i modi», ripete ai suoi il Cavaliere puntando il dito su quella che doveva essere una missione umanitaria ed è diventata un’operazione militare. Ed è anche per questo che in una nota a firma di 55 parlamentari del Pdl (primo di loro Mantovano) si ribadisce come «il governo italiano» abbia «allestito un campo di accoglienza ai confini della Tunisia» e «inviato aiuti umanitari a Bengasi» facendosi carico «nei fatti e non a parole della dignità di tanti esseri umani». Insomma, è la convinzione del premier, dietro interessi elettorali ed economici di pochi Paesi si nasconde «molta ipocrisia». Altrimenti, se il problema fosse di diritti umani calpestati, non si capisce perché non si sia mai preso in considerazione di intervenire in Yemen, nel Bahrein o in Siria.
Sul tavolo del Consiglio Ue anche l’ipotesi di embargo totale alla Libia proposto dalla Merkel. L’Italia nel merito non è contraria, ma se devono essere chiusi i rubinetti del petrolio di Tripoli, dev’essere per tutti. Una decisione che non può essere presa a Bruxelles ma in sede Onu.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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