RomaE va bene che siamo un popolo senza memoria storica, ma è possibile che lanima buona del presidente Napolitano, ora così aperto allumana solidarietà e così attento ai primi miasmi della xenofobia, abbia dimenticato la piccola Mirsada? Sì, quella bimba di nemmeno sei anni, sorda, muta, cieca e pure sciancata - perché quando la sorte ci si mette, non lascia le cose a metà - che lui personalmente, dautorità e senza pietà, ha fatto ributtare dallaltra parte del mare insieme ad altri 543 poveri disgraziati fuggiti dallAlbania, dalla sera al mattino?
Io invece non riesco a scordarlo quellangioletto dai boccoli doro e gli occhi spenti, che si dondolava sorridendo al nulla. Ne ho sognato il visetto per notti e notti, il suo giubbino rosso e i pantaloni a fiori. E pure il volto distrutto di quella donna che gemeva «scarpe, scarpe» perché la stavano caricando sul carro dello sgombero e aveva perduto le ciabatte. Non dimentico la ragazza che improvvisamente ha rotto la quiete surreale e come unErinni ha preso a gridare «kriminàla, kriminàla», trascinando il coro delle donne disperate. «Questa Italia? Questa è galera!» urlavano le già avvezze alla nostra lingua. Alcune svenivano, altre trascinate a braccia in una tragica confusione di fagotti, biciclettine, valigie spalancate, vecchi aspirapolvere. E i bambini, terrorizzati come agnelli al macello.
Io ricordo anche il viso, pure il passo, del poliziotto che sasciugava le lacrime portando Mirsada in braccio, avvolta in una povera coperta bianca e rosa, verso lultimo pullman. Lavevano scoperta sotto tre materassi, a sgombero ormai terminato, perché sera messa a piangere. Ce lavevano nascosta i genitori, con carezze e baci, sperando che almeno lei si salvasse, trovando cure e un futuro dignitoso, impossibili nel loro Paese. E il padre, che ancora il giorno prima con gli altri uomini sera votato alla morte se la polizia fosse venuta a portarli via, con le fasce bianche dei kamikaze sulla fronte e taniche di benzina tra i pagliericci, le carrozzine e le povere cose di una speranza perduta, il padre dicevo, che come gli altri sera arreso invece senza nemmeno alzare un dito, caricato tra i primi sullautobus del rimpatrio coatto, che con lacrime senza rabbia saggrappava al finestrino implorando: «Nessuno aiuta mia povera filia? Nessuno di voi commuove? Tu giornalista buono, tu conosce, pensa tu a mia filia!».
Ha lanciato un pacchetto di carte sgualcite, referti del Rizzoli di Bologna, analisi ed esami audiometrici di altri ospedali italiani, mentre lo trascinavano con la moglie e gli altri due figli allimbarco su una nave militare, per venir rigettati in Albania. Cerano pochi giornalisti in quellalba livida del 3 dicembre 1997 sui cancelli del camping Orsa Maggiore a Cassano Murge. Il ministro dellInterno aveva ordinato il blitz in gran segreto per evitare telecamere e cronisti, dopo aver fatto diffondere promesse di pace, fraternità e tolleranza. Anche il prefetto di Bari, sino alla vigilia giurava che «la direttiva del Viminale è chiara e decisa: non ci saranno sgomberi forzati dei campi dove sono raccolti i clandestini». Eravamo in due, su quei fogli lasciati cadere dal primo carrettone ormai partito per Brindisi. Dài Pierangelo, allunga la mano e fa qualcosa di buono oggi, e che a Mirsada ci pensi il buon Dio. Piangevamo tutti. Pure il prefetto, usato e ingannato dal suo ministro.
E sì, il ministro dellInterno Giorgio Napolitano, punta di diamante del primo governo Prodi. Che avendo partorito con la Turco una legge assai discussa e contestata, voleva dare una prova esemplare. E davanti al dilemma governo «buffone» o governo «assassino», aveva imboccato la terza via del governo bugiardo e vendicativo. Un blitz storico, quello ordinato dal ministro di polizia Napolitano, che Maroni nemmeno se lo sogna. In una sola mattinata, con incursioni notturne di carabinieri e polizia, espulsi in fretta e bruscamente quelli di Cassano Murge, di Ancona, Lecce, Bologna e Foggia. Il carniere del Viminale, annunciato con orgoglio il giorno dopo, vantava 544 prede rispedite in patria. Compresa Mirsada, ed esclusa una puerpera ricoverata al policlinico di Bari, rimpatriata però un mese dopo col piccolo.
Per salvare Mirsada abbiamo poi coinvolto colleghi famosi, talk show e personalità di ogni genere, Renzo Arbore ha fatto spalancare le braccia del Filo doro ad Osimo. Siamo riusciti a farla tornare in Italia, con lintera sua famiglia, dopo soli tre mesi. Cera il ministro Dini, ma non il ministro Napolitano.
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