Presidente per caso La strana storia del portierone Pulici

Nominato a sorpresa erede dello squalificato Lotito, il numero uno del 1974 ora è numero uno anche in società

Di fatto è diventato presidente della Società Sportiva Lazio senza che nessuno gliel’avesse anticipato. Magari quel qualcuno avrebbe dovuto essere il gestore di Formello, Claudio Lotito. Invece il patron ha pensato bene di nominarlo leader con una dichiarazione in pieno stile «lotitiano», rilasciata in contemporanea, oltre che al diretto interessato, anche ai cronisti: «Ho demandato a Felice Pulici di rappresentare la società nella gestione sportiva». E praticamente il portiere del primo scudetto laziale si è trovato ad essere il numero uno del club in maniera del tutto inattesa.
Be’, a onor del vero, l’ex campione d’Italia non sarà mai il nuovo presidente, ma solo colui che apporrà la firma su contratti, tesseramenti e iniziative del club. Però la gratificazione è tanta, e la consapevolezza di essere considerato importante da chi, ironicamente (ma non troppo) viene immortalato come il presidente e il magazziniere, l’addetto stampa e l’elettricista, il massaggiatore e l’ala sinistra della Lazio vale quasi come un tredici al totocalcio. Poi qualcuno, ancor più malignamente, ha aggiunto pure che «finalmente anche la regina si è accorta di aver bisogno della vicina», però questo rientra nella saga dei detti popolari e basta.
Insomma Pulici, interprete del football in bianco e nero ormai perso nella memoria, si ritrova catapultato in una realtà distante anni luce da quella che lo vide protagonista assoluto. Professione portiere, la più difficile. Quando arrivò alla Lazio destò parecchie perplessità. Soprattutto perché, con la maglia del Novara, ne aveva «beccati» cinque proprio dalla Lazio. Tutti in una partita, 5-2 per i biancocelesti. Molti gli avrebbero preferito quello che poi sarebbe diventato il suo vice, Moriggi. Invece, poco alla volta, riuscì a farsi apprezzare, al punto che l’anno dello scudetto, nel 1974, venne considerato il miglior portiere del campionato, anche se a contendergli la palma del migliore c’era gente del calibro di Zoff, Albertosi e Castellini. Oltre che per la parate, diventò famoso per una frase: «I calciatori sono tanti, il portiere è uno solo». Era, quello, il suo modo di dire, ma anche e soprattutto il suo modo di essere, quando giocava in porta. Dopo averlo fatto fra i pali, recentemente cercò di buttarsi pure in politica, con la lista Storace, ma il tentativo viene ricordato solo perché si scoprì che oltre a Felice si chiama anche Mosè. Ne deriva che l’omonimo biblico passò alla storia per aver diviso le acque. Lui, quello laziale, è invece l’ultimo legame della Lazio di trent’anni fa con quella di oggi.
E veniamo al notiziario.

Mentre Rocchi e Zauri si preparano all’esordio azzurro nella nazionale sperimentale dell’altro esordiente Donadoni, ieri nell’ultima amichevole prima della sosta di Ferragosto, la Lazio ha battuto per 5-0 la Berretti. Il primo tempo è terminato con il risultato di 2-0 grazie alle reti di Inzaghi e Belleri. Nella ripresa sono andati a segno Diakitè, Bonetto e Buelli.

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