La Francia è il Paese europeo in cui il melting pot ha le radici più antiche. E il Paese in cui si è più lottato per creare una società multietnica centrata sui principî laici dello Stato, a partire dal celebre motto: «Libertà, uguaglianza, fraternità». Quanto questo equilibrio sia stato messo in crisi dal radicalismo islamico e dal terrorismo, l'ha raccontato a più riprese la cronaca. A dare una veste letteraria al senso di fragilità degli intellettuali francesi di fronte a questo fenomeno ha pensato, da par suo, Michel Houellebecq con il romanzo Sottomissione. E si potrebbe anche tornare indietro nei decenni e trovare una descrizione profetica di questa crisi addirittura in un romanzo degli anni Settanta: Il campo dei santi, di Jean Raspail.
Però mancava un romanzo che analizzasse questa crisi dall'interno, con gli occhi degli islamici di Francia. È proprio questa chiave interna che ci regala Sabri Louatah con I selvaggi. 1. (Mondadori, pagg. 228, euro 19, traduzione di F. Mazzurana). Louatah ha la capacità di trasformare in letteratura un mondo che conosce benissimo: è un francese di origine cabila ed è cresciuto in mezzo all'immigrazione algerina. Conosce la sensazione di sentirsi francesi, ma di sentirsi anche qualcosa d'altro. La sensazione di essere sempre sospesi tra due nature. Almeno due, visto che i cabili sono algerini ma non arabi e questo basta e avanza per litigare con gli altri algerini.
Così I selvaggi (il primo volume in Francia è uscito nel 2012) si trasforma in uno splendido e feroce affresco corale. Al centro, la famiglia Nerrouche che è quasi una tribù. C'è un'anziana matriarca, nonna Khalida, che regge le fila dei rapporti con i suoi molti figli e nipoti, e c'è un matrimonio da celebrare in cui si gioca molto dell'orgoglio del clan cabilo. Infatti uno dei giovani rampolli, Slim, sta per sposare - ma con quanto ardore? - una giovane araba che viene da una famiglia dall'aria molto agiata.
Ma il matrimonio è solo il catalizzatore. Il microcosmo in cui si riflette un macrocosmo disordinato e conflittuale in cui in molti non riescono più a trovare il filo conduttore delle proprie vite. La famiglia è ormai ingestibile. Le ragazze più giovani sono occidentalizzate e disinibite, gli anziani cercano di non badare alle foto in cui compaiono seminude su Facebook. Invece la generazione di mezzo, che ha lottato per francesizzarsi, è tutta presa dalla politica. Alle elezioni presidenziali per la prima volta la sinistra porta un candidato di origine araba: Idder Chaouch. Se la sta seriamente giocando contro Nicolas Sarkozy. E non c'è da stupirsi: è giovane, bello, laico e rassicurante. Ha l'integrazione perfetta scritta in faccia.
A qualcuno quest'uomo di successo piace. Ad altri meno, sembra apparenza. Ma del resto il vip di famiglia, quello che ce l'ha fatta davvero, non fa l'attore? Sì, il cugino Fouad è l'uomo più rispettato del clan. Ha un ruolo di rilievo in una soap opera. E persino i membri della famiglia della sposa con lui sono costretti a volare bassi. Quindi meglio l'apparenza del successo che l'insuccesso vero. Persino il piccolo Krim, la pecora nera di famiglia, quello che perde tutti i lavori, che a scuola va male, quando ci si mette il cugino Fouad sembra prendere una piega diversa. E lui, Fouad, con Krim la sua parte la fa, ci si mette d'impegno, cerca di essere convincente. Perché Fouad lo sa, il mondo è pieno di gente cattiva. E la gente cattiva punta su questi ragazzini... Fouad arriva anche a dirlo al piccolo Krim: «Non è che ti stai radicalizzando?».
Non è una domanda a casaccio, perché c'è anche un membro della famiglia di cui non si parla tanto. È il fratello di Fouad, Nazir. Sta all'estero, ha soldi, se serve aiuta, oh se aiuta ma... E non si va mai oltre il «ma» perché Fouad non vuole nemmeno sentirlo nominare, «quel pazzo». Non basta che la branca africana dell'Isis abbia minacciato direttamente il candidato premier Chaouch? Bisogna proprio anche mettersi a pensare all'invasato di famiglia? Sì, forse sarebbe meglio pensarci davvero, ma nessuno lo fa. Perché? Perché c'è una festa da portare avanti. Ci sono le malelingue del quartiere che sparlano della nonna, le liti tra fratelli, i matrimoni che si spaccano, la pagnotta da guadagnare e la difficoltà di tenere seduti allo stesso tavolo quelli che discutono ancora in termini di halal (ciò che è lecito per l'islam) e non halal con un brutto accento africano e chi dimena il sedere in stile Beyoncé. Ma sono queste piccole crepe visibili nel tran tran quotidiano lo specchio delle crepe della Francia che partono dalle cittadine come Saint-Étienne e arrivano sino a Parigi. E così lo slogan di Chaouch, «il futuro è adesso», andrà a sbattere contro una pallottola sparata da una persona fragile sotto ricatto e armata da chi non si fa scrupolo di sacrificare nemmeno i membri della sua famiglia.
Termina così il primo atto della quadrilogia di Louatah (anche gli altri tre verranno
pubblicati da Mondadori), e mette il dito nella piaga. Non fa sconti a nessuno, né a chi non accetta nessuna forma di integrazione, né a chi vuole integrare solo a parole. Non suggerisce ricette, ma lancia un grido d'allarme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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