La prigione di Aldo Moro diventa un’opera d’arte

Ancora un nuovo spazio dedicato all’arte contemporanea che nasce nella capitale. Questa volta i protagonisti sono una coppia, moglie e marito già da tempo dediti all’arte in qualità di collezionisti. «Il rischio era quello di soffocare in questo ruolo», afferma Stefano Sciarretta, uno dei due fondatori della Nomas Foundation. Nome che già assume in sé una valenza piuttosto chiara; la parola infatti è latina, ed è il termine con il quale i romani indicavano i berberi. La fondazione vuole avere già dal principio un ruolo flessibile, organico, e soprattutto rivolto ai giovani artisti, italiani e non. L’intenzione principale è quella di realizzare progetti con gli artisti, e ciò potrà accadere sia nella fondazione stessa ma anche in altre parti. La Fondazione ha inaugurato con la presentazione di un giovane artista, Francesco Arena, che ripropone un suo lavoro del 2004, e che fa parte della collezione Sciarretta. La scelta su questa opera è caduta anche in virtù di una quasi concomitanza di date. Il 9 maggio infatti si è ricordato il trentennale della morte di Aldo Moro, e proprio inerente la figura dello statista è il lavoro di Arena. 3,24mq si chiama l’opera, facendo riferimento allo spazio di sopravvivenza di un prigioniero.
È un’opera arte politica, ma non è un’«opera politica».

Solo una riflessione sulla memoria, su ciò che è accaduto, e anche un rivisitazione del personaggio Moro, che come ha detto lo stesso Arena, è entrato politico in quella casa e ne è uscito umano. Viale Somalia 33 (su appuntameno: 06.86398381).

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