Sembra il segreto dei segreti: custodito «sottochiave» come giura il tesoriere dei ds Ugo Sposetti, in una «rete informatica» pare contraddirlo Mario Barbi, deputato dell’Ulivo e membro del comitato 14 ottobre per il Partito Democratico. Quel che è certo è che il Garante della privacy non si è mai occupato del caso. Per ora.
Dopo l’appello alla chiarezza sulle liste lanciato da Enrico Letta e Rosy Bindi, la risposta da prodiani e ds sembra essere la stessa: sono dati inutilizzabili. «L’utilizzo dell’elenco presupporrebbe un accordo tra i partiti dell’Unione - ha tagliato corto ieri Barbi - un accordo di cui non solo non si è mai parlato, ma che mi pare non sia nemmeno lontanamente in programma». Tra quei nomi c’erano simpatizzanti di tutta l'Unione, e quindi anche di partiti che non partecipano al Partito Democratico.
Furono utilizzati, dall’ottobre del 2005, soltanto una volta, questo autunno: «Quando Romano Prodi - spiega ora Barbi - inviò una lettera ai cittadini che aveva come oggetto il referendum sulla riforma costituzionale del centrodestra». Ma in quell’occasione spuntarono soltanto due milioni di nomi, e molti si domandarono dove erano finiti gli altri 2 milioni di cittadini «fantasma» della banca dati. Sposetti ora risponde così: «Non tutti alle primarie firmarono la liberatoria, e l’uso di quei dati è limitato a quel fatto».
Ma perché furono utilizzati da Prodi, seppur in versione dimezzata? La normativa generale, chiarisce Pizzetti, prevede che nel trattamento di banche dati di nominativi ci sia sempre «un responsabile» e che questo responsabile debba verificare se questi nomi possano essere usati per un fine diverso rispetto a quello per cui era stato chiesto il consenso: «Ripeto, non ci siamo occupati di questo caso - chiarisce il presidente dell’Autorità - ma in questo come in altri frangenti bisogna sapere se fu chiesto il consenso al trattamento, se c’è un responsabile, se il consenso fu dato e da chi fu dato e se quel consenso è consono all’utilizzo che si vuole fare ora di quei nomi».
Partiti e politici, dice il «decalogo» del Garante sulla propaganda elettorale del settembre 2005, possono utilizzare «dati relativi a simpatizzanti o ad altre persone già contattate per singole iniziative», ma «previo consenso».
I nomi dei 4.311.149 cittadini che votarono alle primarie del centrosinistra sarebbero «in un armadio» della sede dell’Unione, ha spiegato ieri Sposetti. Ma se sono in un armadio, chi ha la chiave? I nomi sono su supporto informatico o cartaceo? Quanti sono questi nomi e quanti cittadini avevano dato il consenso al trattamento?
Sposetti ha risposto che la lista è nelle disponibilità di «due o tre persone», che ne hanno la responsabilità.
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