Per processare Catella i pm usano la rivista della sinistra radicale

Nel documento presentato al tribunale del Riesame citati ampi stralci di "Altraeconomia"

Per processare Catella i pm usano la rivista della sinistra radicale
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Cos'hanno in Comune una memoria processuale scritta da un pm in una vicenda giudiziaria e un vibrante articolo contro la modernizzazione tardo-capitalista apparso in una brillante rivista della sinistra radicale? Apparentemente nulla, si dirà. Eppure è proprio alle tesi di Altraeconomia, gloriosa testata no-global, che la Procura della Repubblica si è affidata ieri per attaccare il sistema-Milano nel documento presentato al tribunale del Riesame per ottenere la conferma degli arresti domiciliari per il costruttore Manfredi Catella.

Alle colpe degli altri costruttori finiti sotto inchiesta, Catella agli occhi dei pm ne aggiunge un'altra: essere a capo di una Sgr, ovvero una società di raccolta del risparmio che investe nell'edilizia i versamenti dei propri clienti. Per "comprendere la natura finanziaria degli investimenti di Coima" i pm citano "fonti aperte e fatti notori". L'unico a venire riportato (con abbondanza di spazio) è un articolo dell'ultimo numero di Altraeconomia che dopo avere elencato le tre Sgr più attive in Italia nella costruzione e ristrutturazione di immobili, va all'attacco: "Queste società rastrellano risparmi che indirizzano nell'attività immobiliare detenendo di fatto una liquidità tale da battere ogni concorrenza (...) hanno però un vincolo strutturale: devono garantire remunerazioni alte e immediate per mantenere la clientela, altrimenti solerte ad abbandonare le stesse Sgr". La riduzione degli oneri di urbanizzazione (una delle accuse mosse dalla Procura al Comune) diventa indispensabile, perché altrimenti gli oneri "costituirebbero un costo in grado di limare i profitti". "Secondo la logica finanziaria devono fare in modo che il prezzo al metro quadrato delle aree oggetto dei prodotti finanziari sia altissimo, evitando la presenza in tali aree di quote di edilizia popolare che abbasserebbero tale prezzo"; inoltre "devono avere la certezza delle autorizzazioni ai progetti urbanistici necessari per quei prodotti". "La finanziarizzazione dell'urbanistica comporta la riduzione dei benefici per i Comuni che non incassano gli oneri necessari a realizzare opere di interesse comune", nonchè "la tendenza a spostare l'edilizia popolare e in generale l'edilizia residenziale povera in aree di estrema periferia"; e ancora, "la finanziarizzazione urbanistica trasforma le città in un gigantesco prodotto finanziario che separa nettamente gli interessi della cittadinanza da quelli degli investitori".

Per venire al caso specifico, si legge ancora, "Coima è un esempio paradigamtico di questo fenomeno (...) nel sistema Coima sono contenuti miliardi di euro di risparmi che hanno puntato sulla permanenza di una costante bolla immobiliare per far fruttare le proprie polizze. La crescita continua del valore degli immobili era la condizione di alimentazione di una gigantesca rete di fondi con un'unica regia che rastrellava i risparmi presentandosi come sicura e affidabile. Forse anche per questo serviva la certezza della politica. Immobili, urbanistica, finanza e politiche racchiuse in un sistema di scatole dove mettere il risparmio diffuso, facendolo partecipare degli incredibili affari della metropoli. Solo così diventa possibile avere attivi per dieci miliardi di euro e finanziare il più grande gioco in città".

Tesi legittime che però è inconsueto trovare all'interno di un documento giudiziario.

Ma la scelta non è casuale: di fronte alle difficoltà che l'inchiesta sull'Urbanistica sta incontrando, per i pm rifarsi non a tesi giuridiche ma all'appello alla "democrazia urbanistica" (altro termine apparso a sorpresa in un loro recente documento) consente di sentirsi comunque dalla parte della ragione.

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