Processo Meredith, tocca alla difesa di Sollecito: "E' innocente, ma nessuno lo ha interrogato"

Il legale ha difeso il suo assistito ricordando che non ci sono tracce del ragazzo nella stanza in cui fu uccisa la studentessa inglese. Per la Bongiorno c'è stata troppa fretta negli inquirenti, che hanno subito bollato Amanda come Venere in pelliccia. "Ma è solo una Jessica Rabbit"

Processo Meredith, tocca alla difesa di Sollecito: 
"E' innocente, ma nessuno lo ha interrogato"

Perugia - Ripreso questa mattina il processo di appello a Raffaele Sollecito e Amanda Knox condannati in primo grado a 25 e 26 anni di carcere per l’omicidio di Meredith Kercher. A prendere la parola davanti ai giudici è stato l'avvocato di Sollecito, Giulia Bongiorno, che ha chiesto l'assoluzione per il suo assistito: "I pochi indizi contro Amanda sono stati trasferiti anche su di lui", solo perchè aveva passato la notte con lei.

Tra l'altro, secondo il legale, nella stanza del delitto non ci sono tracce nè di Amanda nè di Raffaele. "Questa è la verità assoluta. C’è solo il dna di Raffaele sul gancetto, elemento sgretolato dalla perizia", ha detto la Bongiorno ricordando che il gancetto è stato repertato 46 giorni dopo essere stato trovato, "in una stanza messa a soqquadro dalle perquisizioni della polizia". Un reperto che invece "andava cestinato", perché "inaffidabile a prescindere". E anche le impronte nel corridoio, "per ammissione dei loro consulenti non sono utili per confronti positivi, ma solo ad escludere". Anche il coltello, l’arma del delitto, è stato trovato dalla polizia "con la velocità dei neutrini". Troppa fretta, insomma, da parte degli inquirenti: "Dopo quattro giorni il caso era considerato già chiuso. È un omicidio non premeditato, ma dopo avere ucciso Meredith gli imputati si preoccupano di disfarsi dei cellulari della vittima mentre il coltello lo riportano indietro e lo mettono nel cassetto dove viene subito trovato".

La presenza di Rudy Guede nella casa di via della Pergola, inoltre, è la "prova che vale mille prove" secondo la Bongiorno: "La camera di Meredith è la foto di chi era presente. Gronda di tracce di Guede ma perchè non ci sono quelle di Sollecito e della Knox no? La stanza è stata pulita come sostiene l’accusa? Nessun detersivo ha la capacità di riconoscere le tracce di Dna"

E poi accusa: "Io credo che un pm che arresta un ragazzo che per una cosa di questa gravità, lo deve o non lo deve interrogare? Invece, nessuno ha chiesto la nostra versione. I pm non hanno chiesto di interrogarlo in primo grado. Mi si può dire che potevo chiederlo io, no io non dovevo togliere le castagne dal fuoco a nessuno".

Continuando la sua arringa, la Bongiorno ha inoltre detto che in questo processo la Knox è stata trasformata in una Venere in pelliccia, lo stereotipo della femme fatale che usa un uomo debole per i suoi obiettivi. "Ma questi sono clichè", ha tuonato l'avvocato, secondo cui "i ritratti dei due abbiano avuto una grande importanza in questo processo". Secondo il legale Amanda Knox, può essere considerata piuttosto una "Jessica Rabbit, che può sembrare una mangiatrice di uomini invece è una donna innamorata", "era la ragazzina delle smorfie. Forse prima di pensare che era diabolica, che comandava Sollecito, bisognava ricordarsi delle smorfie". E ancora: "Anche in sentenza ci sono delle bugie. Non si possono scambiare delle effusioni di tenerezza con una ossessione sessuale".

La Bongiorno ha parlato anche delle pressioni che avrebbe subito Amanda Knox nel corso dell’interrogatorio del 5 novembre 2007 dove accusò Patrick Lumumba. "Esistono molti studi sulle false confessioni", ha spiegato l'avvocato, "Ci sono quelle volontarie, quelle forzate o quelle interiorizzate.

Noi ci troviamo di fronte a quest’ultimo caso che, secondo gli studi di criminologia, avviene quando l’indagata messa sotto pressione, privata della giusta serenità nel rispondere e con attorno persone non terze si autoconvince di aver fatto qualche cosa".

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