Il processo Prete alla sbarra, in aula molti fan

Nessuna via di mezzo. Nessuno spazio per il dubbio tra chi lo dipinge come una sorta di dottor Jekill e Mister Hyde accusandolo di terribili nefandezze come l’aver abusato sessualmente di almeno sette giovani, e chi invece ne ha fatto «un martire, vittima di un complotto» teso a far fuori e infamare una persona per bene, un prete di frontiera «che era come un padre».
Sono venuti in centinaia - ragazzi, anche minorenni e i loro genitori - da Selva Candida, periferia a nord di Roma, con tanto di t-shirt su cui era stampata la scritta «Don Ruggero ti vogliamo bene». Hanno affollato l’aula otto del Tribunale guardando minacciosamente due delle presunte vittime degli abusi. Sono i giovani di Don Ruggero Conti, 56 anni, l’ex parroco della parrocchia della Santissima natività, arrestato dai carabinieri nel giugno del 2008 mentre era in procinto di partire alla volta di Sydney per partecipare, con alcuni ragazzi, alla Giornata mondiale della gioventù. In aula c’era anche lui, Don Ruggero, «vittima» del decreto antistupri che gli ha revocato gli arresti domiciliari: seduto tra due agenti di polizia penitenziaria, nella prima udienza del processo caratterizzata anche dalla polemica e dal polverone sollevato dalla mancata richiesta da parte del Campidoglio di costituirsi parte civile.

Un incidente burocratico chiuso dallo stesso sindaco Gianni Alemanno nel tardo pomeriggio: il primo cittadino ha rimosso la dirigente che ha sbagliato, non inoltrando la richiesta e non firmando un provvedimento che impegnava il sindaco, e ha disposto di rinnovare alla corte la costituzione di parte civile del Campidoglio. Sarà la prima volta nella storia del Comune di Roma in un processo per abusi su minori.

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