La Procura gioca a nascondino: fango col contagocce

Lo stillicidio. Il processo è vicino, le intercettazioni e i racconti riempiono i giornali, ma l’inchiesta non è affatto ai titoli di coda. Anzi, raddoppia. Il destino di Silvio Berlusconi viene separato da quello dei Mora, dei Fede, delle Minetti. Si va verso il rito immediato per il premier, si profila un processo ordinario per gli altri. Ma questo dato non deve trarre in inganno. Le rivelazioni che colpiscono il premier non sono finte e non finiranno. Chi crede che le 389 pagine dell’invito a comparire siano tutto il kit di cui dispongono i Pm si sbaglia. Il procuratore Edmondo Bruti Liberati a chi gli chiede se ci siano altri elementi contro il premier risponde giocando a nascondino: «Permettete che queste prove me le tenga per me». Il codice gli consente la partita a rimpiattino: nell’atto notificato al premier sono indicate solo le fonti di prova. Per sapere che altro c’è nello zaino dei pm bisognerà aspettare la chiusura delle indagini, nelle prossime settimane, in vista del processo sprint che dovrebbe arrivare in fretta.
Ma l’attacco al premier non si fermerà nemmeno in quel momento. Anzi, l’assalto potrebbe raddoppiare. La sfilata dei testi in aula, l’eruzione di altre notizie, intercettazioni, voci dal fascicolo numero due, un cantiere aperto ancora per mesi. Insomma, andando avanti a scavare su Mora, Fede, la Minetti i pm potrebbero imbattersi ancora nel Cavaliere e formulare persino nuove, pesanti accuse.
I pm potrebbero avere altro materiale da tirare fuori al momento opportuno. È facile immaginare che Ruby sia stata intercettata, telefonata dopo telefonata, anche quando parlava col premier. Salteranno fuori quelle conversazioni? Naturalmente dovrebbe essere la Camera a sdoganarle e a renderle utilizzabili. E lo stesso potrebbe avvenire per i colloqui con altre ragazze: qui la Procura dovrebbe avere nel carniere non solo i colloqui ma anche gli Sms. Certo, senza l’ok di Montecitorio quei messaggini dovrebbero rimanere invisibili ma i meccanismi di protezione in Italia funzionano a intermittenza. Ieri i giornali riportavano dialoghi interi dell’eurodeputata Licia Ronzulli che, sulla carta, dovrebbe disporre dello stesso scudo. Si sa come vanno le cose: il grande orecchio ascolta la Minetti e trova dall’altra parte la Ronzulli. Così l’una e l’altra sono servite in tempo reale in pagina.
È già capitato altre volte, proprio con il Cavaliere. Eccolo discutere, sempre al solito telefono, con il presidente di Rai Fiction Agostino Saccà. Chiacchiere, gossip, retropensieri maliziosi. Tutto sul sito di Repubblica e dell’Espresso. Sette minuti di audio. «Lei è sempre più amato nel Paese», dice Saccà; «C’è Bossi che mi sta facendo una testa tanta», replica Berlusconi a proposito della fiction su Barbarossa. Poi si passa a quattro ragazze con velleità televisive, in particolare Berlusconi chiede a Saccà di chiamare Evelina Manna e Elena Russo: «Perché io sono veramente dilaniato dalle richieste...». Risultato: il poker di bellezze diventa oggetto delle fantasie e della malignità di milioni di italiani. L’inchiesta, tanto per cambiare, finisce in niente, ma intanto i dialoghi coperti dall’articolo 68 della Costituzione sono stati apparecchiati per l’opinione pubblica.
Un meccanismo che ritorna a Trani. Dove i pm partono dalle carte di credito e poi, passaggio dopo passaggio, in un crescendo ardito e spettacolare, riescono a mettere sotto inchiesta il premier, nientemeno, per minacce al commissario dell’Agcom Giancarlo Innocenzi. Berlusconi se la prende con Innocenzi e l’Authority perché Michele Santoro con il suo Annozero fa il bello e il cattivo tempo: «Fate schifo, siete una barzelletta, che organismo siete e che ci state a fare. Non ne posso più».
Tutto in pagina, ancora una volta. Con la sola differenza che l’inchiesta di Trani è ancora in corso anche se è stata trasferita nella capitale e i pm hanno chiesto al Parlamento l’utilizzo di diciotto telefonate del premier.
Ora lo stillicidio riprende a Milano. Cosa c’è nei cassetti della procura? Cosa emergerà nelle prossime settimane o magari ancora più in là? A dare fuoco alle polveri ci pensa anche Fabrizio Corona in una scoppiettante intervista al Fatto: «Esistono foto e filmati dei Bunga bunga ad Arcore». Addirittura? Sono quei video le prove che Bruti Liberati ha blindato nei suoi armadi? Dalla Procura ripetono quanto già detto nei giorni scorsi: non ci sono video. Nessun filmato pruriginoso girato dalle parti di Arcore. Niente di niente.

Nel pomeriggio anche Corona ingrana la retromarcia e nega quel che invece il Fatto conferma.
Si va avanti così. Fra boatos, indiscrezioni, smentite, notizie vere e verosimili, ma sempre a luci rosse. Il rito scelto è quello immediato, la gogna invece si allunga sul calendario.

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