La procura: quei magistrati non erano «talpe» di Consorte

I pm di Perugia chiedono l’archiviazione dell’inchiesta sui presunti rapporti tra il manager e i giudici Castellano e Toro

Gianluigi Nuzzi

da Milano

Il giudice milanese Francesco Castellano non era una «talpa» di Giovanni Consorte, ex amministratore delegato di Unipol, al Tribunale di Milano, arruolata per conoscere indiscrezioni e segreti delle indagini su Bnl, Antonveneta e Rcs. E nemmeno il procuratore aggiunto di Roma Achille Toro aveva passato notizie coperte da segreto sull'inchiesta Bnl al collega Castellano.
Dopo un anno di indagini, a chiudere per «insussistenza di elementi» l'inchiesta sui due magistrati e sull'ex timoniere del colosso assicurativo è ora la stessa procura: il procuratore capo di Perugia Nicola Miriano e i Pm Alessandro Cannevale e Sergio Sottani hanno infatti chiesto l'archiviazione per Consorte, Castellano e Toro al gip del capoluogo umbro. Con una motivazione chiara: «Insussistenza di elementi idonei a sostenere l'accusa in giudizio». La procura di Perugia, dove il fascicolo è finito per competenza territoriale, fotografa quindi in modo ben diverso la relazione tra Consorte e Castellano rispetto a quanto emerso nell'estate del 2005. All'epoca, nei mesi dei «furbetti del quartierino» e delle intercettazioni, un articolo del Corriere determinò il gelo nei rapporti tra magistrati e investigatori della Guardia di finanza.
In pratica, si lasciava capire che le Fiamme gialle non avevano investigato abbastanza sulle telefonate tra l'allora numero uno di Unipol e Castellano, giudice che più di una volta ha assolto gli imputati di Mani pulite, smentendo le tesi del Pool.
Oggi i magistrati umbri sottolineano che le notizie riferite dal giudice Castellano non erano mai state sollecitate da Consorte «e sono risultate del tutto false», sottolineano i difensori dell'ex manager di Unipol, Filippo Sgubbi, Emilio Ricci e Gian Maria Dedola. «Hanno compiuto le dovute indagini - commenta Jacopo Pensa, difensore di Castellano - e mancando il reato è finita come ci si aspettava: con una richiesta di archiviazione». La procura chiede l'archiviazione non avendo quindi nemmeno raccolto indizi di «utilità» che siano mai state erogate o promesse da Consorte a Castellano in cambio delle presunte notizie ricevute dal giudice milanese. Infine, osserva il procuratore capo, «È sempre stato Castellano - si legge nella richiesta di archiviazione - a prendere l'iniziativa degli incontri con Consorte e di fronte a queste iniziative Consorte ha (avuto) addirittura occasione di manifestare fastidio».

Da qui la conclusione dei pubblici ministeri che hanno ritenuto che a carico di Consorte «non sono emersi elementi dai quali desumere che egli abbia rivolto a Castellano un'istigazione (per quanto generica) ad assumere notizie o a sostenere le sue difese presso la procura di Roma».
gianluigi.nuzzi@ilgiornale.it

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