Prodi difende i Ds ma su Unipol dà ragione a Rutelli

Il Professore: «La finanza non deve essere rossa né bianca né massona, la legge deve sempre trionfare»

Laura Cesaretti

da Roma

Un colpo al cerchio, uno alla botte: Romano Prodi difende Piero Fassino e Massimo D’Alema dalle accuse «vergognose» sul caso Unipol. Ma dà anche ragione a Francesco Rutelli sul problema della «finanza rossa», sollevando il quale il leader della Margherita ha mandato su tutte le furie gli alleati diessini.
Ospite a Radio Anch’io, il Professore riceve un’inevitabile domanda sui conti di Consorte e il coinvolgimento della Quercia nelle Opa bancarie. E replica: «Constato che c’è stata una campagna impressionante e vergognosa contro D’Alema e Fassino». Qualcosa che ricorda il caso Telekom Serbia, aggiunge: «Per una intera estate, due anni fa, i telegiornali della sera riprendevano le fotocopie de il Giornale con gli attacchi ai grandi ladri, ovvero Fassino, Dini, Prodi... Quelle accuse si rivelarono poi calunnie e ora gli accusatori sono diventati accusati». Quanto alle esternazioni in Procura di Silvio Berlusconi, per il leader del centrosinistra il premier «in realtà è corente con il resto di una vita: dalle false promesse alle false testimonianze, l’aggettivo “falso” è una costante di tutta la sua vita». Detto ciò per rassicurare la Quercia, però, secondo il Professore, «il problema sollevato ieri da Rutelli va risolto in modo molto serio, proprio perché non credo debba esistere una finanza rossa, o bianca, o massona». Il problema, spiega Prodi, «è che questi discorsi devono essere separati dalla politica». È un «problema di regole» e non di «desideri», e quindi è importante che «le Authority siano Authority, sorveglino il risparmio, la vita delle banche e non siano mezze mutilate». Quanto alla «questione etica», conclude il Professore, essa «non va separata da un serio funzionamento delle istituzioni. L’etica nella vita pubblica vuol dire che la legge deve trionfare, la maestà della legge, nella sua applicazione quotidiana. Questo è quello che manca oggi nella politica». Nulla di diretto, ma la stoccata va sicuramente a segno lo stesso, visto che proprio la «questione etica» (o «morale» che dir si voglia) era stata la clava agitata contro i Ds dal braccio destro di Prodi, Arturo Parisi, nella calda estate delle scalate.
Poi, chiusa la parentesi Unipol, il candidato premier dell’Unione torna a bastonare il centrodestra e il suo leader: «Il governo Berlusconi è certamente stato il peggior governo italiano del dopoguerra. Ma è durato», dice Prodi. «Alla fine, per impedirci di governare, loro hanno instaurato di nuovo il proporzionale, e io ho reagito politicamente spingendo per la creazione di un grande partito democratico. Sullo slancio delle elezioni, noi prendiamo la decisione solenne di formare un gruppo unico al Parlamento, questa mi sembra una decisione molto forte». D’ora in poi, promette, lui farà «continuamente appello ai 4 milioni delle primarie, che ci guideranno alla vittoria». Assicura che il suo governo risanerà i conti: «L’Italia deve riportare il debito in una situazione di normalità e noi lo faremo nella crescita con serenità e senza colpi di testa che distruggono l’economia».

Quanto alla legislazione che si erediterà dall’era Berlusconi, Prodi esclude la «logica della tabula rasa»: le leggi ad personam, «fatte per difendere gli interessi personali del Primo ministro», andranno abolite. Ma Prodi non ha intenzione di «cancellare riforme che pure non condividiamo», dalla Moratti alla Biagi: «Faremo le modifiche funzionali agli obiettivi politici che noi abbiamo».

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