Prodi fa autogol contro Casini e la Finanziaria

Francesco Damato

A dispetto della fortuna che si vanta spesso di avere, e di poter trasmettere agli amici portandola via agli avversari, Romano Prodi sta procurando un mare di guai al suo schieramento. Egli ha imboccato l’ultima curva, diciamo così, della legislatura facendo perdere al cosiddetto centrosinistra alcune sponde politiche, istituzionali e sociali rivelatesi utili nei mesi ed anni scorsi.
Il rifiuto pregiudiziale, anzi la criminalizzazione della riforma elettorale proporzionale, dopo undici anni di sperimentazione non proprio felice di un sistema maggioritario che ha moltiplicato i partiti e prodotto ben otto governi, alla media di circa uno ogni anno e mezzo, ha rotto quella specie di feeling realizzatosi fra l’opposizione e l’Udc. Che all’interno della maggioranza aveva ad un certo punto preso l’abitudine di scopiazzare tanto l’antiberlusconismo della sinistra da apparire un’appendice prodiana nel governo.
Nel dichiarare e condurre la guerra al proporzionale, forzando peraltro le tradizioni e le vocazioni di buona parte della sua stessa coalizione, Prodi non ha tenuto minimamente conto del fatto che la riforma era stata proposta nella maggioranza e alla fine quasi imposta agli alleati proprio dall’Udc. Il cui segretario, Marco Follini, è rimasto pertanto isolato nel suo partito quando ha tentato di proseguire il vecchio gioco di sponda chiedendo di fermare la macchina della riforma al primo posto di blocco improvvisato dall’opposizione con cartelli di denuncia di truffa, imbrogli, colpi di mano e quant’altro. Così il centrodestra grazie a Prodi si è ricompattato recuperando per intera l’Udc, tornata nei fatti ad essere guidata dal suo vero leader di riferimento: il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini.
Quest’ultimo da modello di moderazione, com’è stato rappresentato dalla sinistra in tutta la legislatura per contrapporlo a quel piromane travestito da pompiere che nella fantasia della sinistra sarebbe Silvio Berlusconi, è stato all’improvviso presentato alla piazza da Prodi e compagni come un volgare traditore. Ciò ha blindato il rapporto fra il presidente di Montecitorio e la maggioranza, che ha buoni motivi per ringraziare lo sprovveduto professore emiliano.
Contro la riforma elettorale l’opposizione prodiana ha imprudentemente sventolato sui giornali fiancheggiatori anche qualche lembo della giacca del presidente della Repubblica, descritto con la penna già in mano per rifiutare la promulgazione della legge e rinviarla alle Camere a ridosso ormai della fine del loro mandato, quindi fuori tempo massimo per una seconda approvazione. Il tentativo di strattonarlo è stato così sfrontato che Carlo Azeglio Ciampi si è rivoltato, autorizzando i suoi uffici a segnalare tempestivamente alla maggioranza i punti della legge da migliorare per non comprometterne la promulgazione.
Non parliamo poi della guerra dichiarata alla legge finanziaria in sintonia con i soliti sindacati, che hanno già proclamato l'altrettanto solito sciopero generale. Su questo fronte Prodi ha perso la sponda non irrilevante del presidente della Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.

Il quale, visto che si trovava, ha colto l’occasione anche per dissociarsi dalla guerra alla riforma elettorale. Per Prodi un bel successo. Può consolarsi abbronzandosi sulle piazze, visto che a Roma domenica scorsa si è vantato di avervi portato il sole.

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