Prodi è come Fabio Massimo può soltanto prendere tempo

L’Unione è talmente unita che ormai nessuno più si fida di nessuno. Men che meno Romano Prodi. Memore di essere stato disarcionato nell'ottobre 1998 da una congiura di Palazzo, il presidente del Consiglio vede ormai complotti dappertutto.
Fin dai tempi della commissione per le riforme costituzionali presieduta da Massimo D'Alema, il Professore non ha mai visto di buon occhio un dialogo tra maggioranza e opposizione sui massimi sistemi istituzionali nel timore di farne le spese. Ma, pur di sopravvivere, si ingoia qualsiasi rospo. Soprattutto se ne parla un giorno sì e l'altro pure il presidente della Repubblica. E non senza ragione. Perché quanto più la politica vola basso, tanto più urgono riforme elettorali e costituzionali volte a ridarle smalto. Così, tempo fa, Prodi ha incaricato il ministro Vannino Chiti di sondare i partiti al fine di mettere in cantiere una riforma elettorale condivisa. Chiti è stato ben lieto dell'incarico. Perché come ministro per i Rapporti con il Parlamento non ha avuto mai un attimo di respiro. Mentre come ministro per le Riforme costituzionali se ne stava con le mani in mano.
Chiti ce l’ha messa tutta. Ma non è approdato a niente. E non tanto per colpa sua. La verità è che non si è mai capito che cosa diavolo voglia una maggioranza che pirandellianamente è una, nessuna e centomila. Perciò il ministro ha preso appunti a non finire senza trovare la quadra. Certo, esiste una bozza Chiti. Ma è un po’ come l'araba fenice. Poi è giunta all’orecchio del presidente del Consiglio la voce che Chiti, in proprio o non si sa bene per conto di chi, giocasse la carta del sistema elettorale tedesco, ovvero della proporzionale personalizzata, al fine di portare l’Udc dall’altra parte della barricata, allargare la maggioranza e... chissà che cos’altro. Apriti cielo. Così Prodi ha tolto il boccino dalle mani di Chiti e ha ricominciato a tessere la tela elettorale in prima persona.
Neppure avesse aperto un negozio di frutta e verdura, il Professore ora offre carote a tutti. Alla Lega, attaccando all’amo l’esca del federalismo. All’Udc, con la promessa di tanti zuccherini. Insomma ha avviato consultazioni all'insegna del divide et impera di marca asburgica. L’importante, si sa, è durare. Ma queste astuzie sono di corto respiro. Allo scopo di tirarla per le lunghe, sul tavolo delle trattative non si accontenta di porre la sola riforma elettorale.

Aggiunge come piatto forte nientemeno che proposte di riforma costituzionale in tutto e per tutto simili a quelle partorite dalla Casa delle libertà nella passata legislatura e purtroppo non confermate dal referendum. Allora il Professore fece la faccia feroce e disse un triplice no. Ora, novello Quinto Fabio Massimo, se ne fa promotore per prendere tempo. Guardate un po' che tocca fare per tirare a campare.
paoloarmaroli@tin.it

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