Prodi, il finto condottiero ostaggio dei suoi alleati

Se fosse vero che il ridicolo uccide, allora Romano Prodi dovrebbe essere morto e sepolto da un pezzo. Il meglio del peggio il presidente del Consiglio pro tempore lo dà quando si atteggia a uomo solo al comando. Quando indossa i panni di Tartarino di Tarascona e fa lo spaccone, assomiglia a Pulcinella. Petto in fuori e pancia in dentro, Pulcinella va in avanscoperta e non torna indietro. I suoi compagni d’armi vanno a cercarlo e urlano a squarciagola il suo nome.
Ma Pulcinella non fa sentire la propria voce. Alla fine risponde rincuorando i suoi compagni. Sì perché comunica loro di aver catturato un bel numero di nemici. Che però non lo lasciano andare. Insomma, non è altro che l’ostaggio dei suoi presunti prigionieri. La storiella ci è tornata alla mente perché ancora una volta l’inquilino di Palazzo Chigi, stanco di mediare tra i partiti di una coalizione in perenne rissa tra di loro, ha detto chiaro e tondo che su questioni politiche delicate non decide un singolo ministro o un sottosegretario, ma il governo nella sua collegialità. Ben detto, perbacco. Prodi, è vero, non ha il diritto della forza. Come prova la singolarissima circostanza di starsene beato e contento (si fa per dire) al vertice del governo senza avere un partito alle spalle. E allora deve essersi appellato alla forza del diritto. Dopo tutto, l’articolo 95 della Costituzione dice che il presidente del Consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile. Non solo, egli mantiene l’unità di indirizzo politico e amministrativo promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
Ma c’è di più. La legge 23 agosto 1988 n. 100, concernente l’ordinamento della presidenza del Consiglio, rimpannuccia alla bell’e meglio l’inquilino di Palazzo Chigi. In particolare, l’articolo 5 è lungo come un lenzuolo. E, vedi caso, è dedicato alle attribuzioni del presidente del Consiglio. Che, in teoria, ha poteri incisivi. Perché tra l’altro indirizza ai ministri le direttive politiche e amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri. Coordina e promuove l’attività dei ministri in ordine agli atti che riguardano la politica generale del governo. Può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri competenti sottoponendoli al Consiglio dei ministri. Dulcis in fundo, concorda con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi intendano rendere ogni qualvolta, eccedendo la normale responsabilità ministeriale, possano impegnare la politica generale del governo.
Il guaio è che la felliniana prova d’orchestra sta continuando come se nulla fosse.

Il povero Prodi, suscitando l’ilarità generale, si è azzardato a fare la faccia feroce, ma ogni ministro si sente ancora in diritto di esternare a ruota libera, facendosi un baffo delle reprimende del Professore. Costretto purtroppo a constatare che il suo è stato sì un ruggito, ma il ruggito del topo.
paoloarmaroli@tin.it

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