Adalberto Signore
da Roma
Una fiducia scontata quella che Romano Prodi incassa dalla Camera quando è ormai limbrunire. Condita, a parziale risarcimento della noia, dalle ripetute scarammucce tra maggioranza e opposizione, dalle continue ironie con cui Giulio Tremonti tormenta il Professore e dalla foto di gruppo che regala allAula la pattuglia rosa di Forza Italia (con le più belle sedute una a fianco allaltra nella penultima fila dellemiciclo). E con un Fausto Bertinotti che presiede Montecitorio con una certa austerità e qualche vezzo. Come quello di non usare il termine «onorevole» per indicare i parlamentari ma più semplicemente «deputato». «Il deputato Fini» o «la deputato Rossi Gasparrini», a seconda del genere. Un tributo alla rivoluzionaria Assemblea della Pallacorda ma pure a Irene Pivetti, primo e unico presidente della Camera a levarsi tale capriccio.
Gli interventi iniziano di prima mattina, come pure le schermaglie. Ma nel tardo pomeriggio è Tremonti quello che più accende gli animi. «Lei ci parla della crisi dellEuropa - si rivolge a Prodi nel suo intervento a nome di Forza Italia - ma dimentica di dirci che proprio durante la sua presidenza lEuropa ha fallito». Chiosa: «I falliti di ieri non risolveranno i problemi nuovi di oggi e di domani». E ancora: «La sua è stata, è e sarà solo una mezza vittoria. Mezza nei numeri, mezza nel Paese, mezza in politica». «Dovevate eliminare Forza Italia e il suo leader - aggiunge - ma non ci siete riusciti». Dai banchi dellUnione si alza qualche fischio a cui replicano a stretto giro gli applausi del centrodestra. Tremonti non si scompone: «Voi siete al governo. Ma tra la forza delleffettività e la luce della verità, preferiamo la verità. Per questo vi vediamo sui banchi del governo ma dietro una linea dombra». Con un corollario sulle divisioni interne al centrosinistra: «Siete un grande Pacs».
A dare fuoco alle polveri, però, era stato già verso mezzogiorno il capogruppo azzurro Elio Vito. Polemizzando con Bertinotti, reo di aver «votato in sede di ufficio di presidenza per concedere nuovi gruppi parlamentari al centrosinistra». «Avete appena finito di occupare tutte le cariche - attacca Vito - che dobbiamo ricevere lezioni di dialogo e equanimità da parte di queste stesse cariche».
Prima del voto finale parla Prodi e fissa due priorità: riprendere unattiva politica europea e rilanciare la crescita. Il suo intervento dura circa mezzora ed è inframmezzato dalle ripetute contestazioni. Che esplodono quando il presidente del Consiglio torna sul «nuovo assetto dei ministeri», deciso «per rendere più efficace lazione dellesecutivo». «Ma se non ci sono più sedie!», urla Vito indicando i banchi del governo pieni in ogni ordine di posti. Con la penultima fila di Forza Italia - Michaela Biancofiore, Fiorella Ceccacci, Elisabetta Gardini e Maria Carfagna, tutte in tailleur pantaloni - che si gira a guardare Clemente Mastella, neoministro della Giustizia seduto a pochi metri da loro, forse proprio a causa della carenza di sedie. Prodi conclude e giù applausi, con Ignazio La Russa che dai banchi di An simprovvisa capoclaque e invita ironicamente lUnione ad intensificare il battimani.
Si passa alle dichiarazioni di voto. Durissimo il capogruppo della Lega Roberto Maroni che stigmatizza lalto numero di ministri, viceministri e sottosegretari: «Una vera e propria carica dei 101, un membro di governo ogni cinque parlamentari di maggioranza». «Stracciato il record dellodiato Berlusconi, impallidito quello di Andreotti, uno che di poltrone se ne intende», è la chiosa. Tocca a Lorenzo Cesa, segretario dellUdc. Che tra le perplessità di molti alleati apre il suo intervento con un tributo a Giorgio Napolitano («garante dellunità italiana ed europeista convinto, va tutto il rispetto dellUdc»). Poi critica il governo che «nasce debole e malaticcio». Entra in Aula Silvio Berlusconi e la parola passa a Gianfranco Fini. Il leader di An attacca Prodi, «politicamente debole» e senza «lautorevolezza per guidare la coalizione». E promette: «Lavoreremo per far esplodere le contraddizioni che sono in seno allUnione». Tocca a Tremonti. Che si rivolge al Professore: «Fallirai come dieci anni fa». Berlusconi è alle sue spalle, segue tutto lintervento e alla fine si complimenta con una stretta di mano. Prima dandar via segue parte dellintervento di Dario Franceschini, capogruppo dellUlivo. Che richiama lattenzione del Cavaliere e annuncia: «Faremo una nuova e rigorosa legge sul conflitto di interessi». Berlusconi sorride ironico. «Pensate a Unipol...», dice a bassa voce.
Finisce così. Con una scontata fiducia (344 sì, 268 no) e due soli applausi bipartisan: uno alla memoria di Giovanni Falcone, laltro alla memoria di Marco Biagi.
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