Roma - «Mai più trattative con i talebani. È stata fatta un’eccezione per Prodi e per salvare il suo governo. Non accadrà più». La frase con cui Hamid Karzai getta una luce nuova sulla trattativa condotta per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo continua a scuotere le stanze della politica italiana. La rabbia della Casa delle libertà, a 24 ore di distanza dall’intervento del presidente afghano, non si placa. Anzi le polemiche per quella che appare come una smentita e come un sostanziale ribaltamento della versione ufficiale fornita dal nostro esecutivo - che si è sempre professato estraneo alla trattativa e alla liberazione dei cinque talebani - finiscono per moltiplicarsi.
«Karzai leader di una Paese assolutamente instabile, che con il suo governo è uscito dal medioevo, è riuscito con la sua onestà a far fare al nostro Paese e al suo governo di centrosinistra la figura della Repubblica delle banane» attacca Roberto Calderoli, coordinatore delle segreterie della Lega. «Cinque terroristi in libertà e gli afghani ne pagheranno le conseguenze in cambio del rilascio di uno che i guai se li era andati a cercare, lui o chi gli ha dato questo incarico spedendolo in Afghanistan». Duro anche il commento di Fabrizio Cicchitto. «Quello che dice Karzai è assai grave per molteplici ragioni. Una volta impostata la trattativa per cui in ballo non c’era solo la vita del giornalista Mastrogiacomo e dei suoi collaboratori afghani, ma anche la sorte stessa del governo italiano, è evidente che la posizione del mullah Dadullah era fortissima nei confronti di tutti i suoi interlocutori, da Prodi-D’Alema a Karzai» fa notare il vice coordinatore di Forza Italia. «Non si capisce perché - aggiunge - non hanno fatto parte della medesima trattativa, vista la sua onerosità, oltre a Mastrogiacomo anche l’autista e l’interprete. In secondo luogo, bisognerà che si faccia luce sul tipo di trappola nella quale è caduto Mastrogiacomo. Esistono pochi dubbi che egli si sia mosso in modo imprudente nel miraggio di uno scoop. Siccome, però, non credo che sia stato anche incosciente e sprovveduto, è evidente che egli si è mosso sulla base di assicurazioni, fatte da una persona, da un ambiente o da una struttura, che riteneva attendibili e sicure». «Chi si è rivelato inattendibile e forse addirittura una lingua biforcuta manovrata dai terroristi che volevano avere in mano lo strumento per recuperare un pezzo del loro vertice, fra cui lo stesso fratello di Dadullah? È un interrogativo - prosegue Cicchitto - al quale prima o poi bisognerà dovrà dare una risposta».
Le voci d’accusa del centrodestra non si chiudono qui. A rincarare la dose c’è anche Renato Schifani. «La credibilità internazionale dell’Italia sta precipitando sempre più in basso. Prodi torni in Parlamento per dire la verità» chiede il presidente dei senatori di Forza Italia. Altrettanto ferma è la condanna di Maurizio Gasparri. «Il governo Prodi è una vergogna per l’Italia. Pur di galleggiare ha imposto un diktat a favore del terrorismo talebano». Anche l’Udc usa parole di condanna e con Maurizio Ronconi e Francesco Pionati sottolinea il «duro colpo inferto alla credibilità internazionale dell’Italia» e punta il dito contro una politica estera «all’insegna dell’ambiguità». La replica del governo è affidata a Silvio Sircana. «In tutti i numerosi colloqui avuti con Karzai - assicura il portavoce di Romano Prodi - non si è mai sollevato il problema o il tema della sopravvivenza del governo italiano, connessa al problema della detenzione di Mastrogiacomo da parte dei talebani. Si è semplicemente chiesto al governo afghano, nella sua qualità di governo di uno Stato sovrano in cui era avvenuto il rapimento di Daniele Mastrogiacomo, di fare tutto quello che era nelle sue possibilità per agevolare il rilascio».
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