Una giornata (ideale) con i tragici. Intesi come i padri della tragedia: Eschilo, Sofocle e Euripide... Cristina Dell'Acqua non ha dubbi: «Prenderei un caffè con Euripide, quello, dei tre, che amo di più. Il più sperimentale e originale, che si concentra su figure femminili. Mi piace la sua capacità di trasformare i personaggi del mito in persone: scava, cerca di mettere in luce la persona che si nasconde nel mito. Vorrei dirgli che sarà il più amato dalla cultura occidentale. E vorrei vederlo all'opera, mentre compone: si narra che avesse una biblioteca meravigliosa».
Si capisce fin dal primo sguardo dei suoi grandi occhi chiari che, per Cristina Dell'Acqua, la solita polemica sul fatto che insegnare ancora latino e greco ai ragazzi sia passatista e antiquato, insomma inutile, sia inconcepibile. «Eh, sono la persona sbagliata. Insegno latino e greco al liceo da venticinque anni. Ho iniziato a Monza, dove sono nata e, dal 2000, qui al San Carlo di Milano. I classici latini e greci sono le nostre radici, che lo vogliamo o no. Dal punto di vista civico, del civis, non dargli le sue radici significa lasciarlo esposto a qualsiasi cosa». La professoressa (e vicepreside del Collegio San Carlo) Cristina Dell'Acqua, oltre a essere una donna elegante e molto bella è quel genere di insegnante appassionato e appassionante che ti fa perfino venire voglia di ritornare sui banchi (per qualche momento). «Dopo tutti questi anni non sono stufa, anzi. Il mio è il lavoro meno ripetitivo del mondo, perché ho a che fare con una materia prima sempre in evoluzione: i ragazzi. Certo vanno intercettati, appassionati, stuzzicati...». Si occupa anche degli adulti. Organizza incontri di lingua e cultura greca; e ora, dopo avere sperimentato per anni con i suoi alunni l'effetto benefico dei grandi antichi, ha scritto Una spa per l'anima. Come prendersi cura della vita con i classici greci e latini (Mondadori, pagg. 128, euro 17), una specie di ricettario del benessere che gioca sulla locuzione Salus per aquam, oggi tornata di moda, anche nelle città, un po' come nella Roma dei primi secoli. Un percorso non fra bolle, idromassaggi, grotte termali e vapori vari, bensì attraverso le parole: le Lettere a Lucilio di Seneca, Euripide con la sua Alcesti, il Prometeo di Eschilo, l'arte oratoria di Cicerone, l'educazione di Quintiliano.
Quest'ultimo, per esempio, fu un precursore assoluto: «Nell'età Flavia scrisse l'Institutio Oratoria, il primo manuale di insegnamento per la scuola pubblica. Vespasiano gli aveva offerto centomila sesterzi, una cifra folle. Mi ha colpito: un imperatore che investe nella cultura, e un uomo che sposta l'attenzione dalla conoscenza all'educazione, in modo modernissimo. Addirittura si preoccupa delle letture salutari per gli studenti e stila un elenco di quelli che, già allora, per lui erano dei classici». Anche Cristina Dell'Acqua si preoccupa dei suoi studenti e ha «affinato» due strumenti didattici per addolcire «quelle che a 14 o 15 anni possono essere discipline dure, piene di difficoltà»: la lettura ad alta voce e il laboratorio di teatro classico, già dal primo anno. «È un laboratorio sull'opera in traduzione, con un focus sui vocaboli e le strutture. Ai ragazzi dico: Sono storie, alla fine. E così li fai entrare nello spirito di quel teatro che, per i greci, era una parte di scuola, all'aperto. Scuola e vita non erano separati». Si parla di un teatro vissuto in modo completamente diverso da oggi: «Gli spettacoli duravano due giorni, dal mattino alla sera e si svolgevano all'aperto, in luoghi meravigliosi. Tutto questo predisponeva all'ascolto e all'attenzione. Attraverso il mito, il teatro metteva in scena temi vivi: l'amore, l'adolescenza, il rapporto tra padri e figli. Temi che portavano a una scelta e a uno scontro: e, quindi, alla sofferenza, alla messa a nudo dei sentimenti. La catarsi è un modo di vivere collettivamente un'esplosione di emozioni». Anziché reprimerle come avviene spesso. E poi «frequentare i classici è come andare in palestra: è un allenamento». Parola di laureata in Lettere classiche (alla Statale di Milano) con una tesi in Grammatica greca, sul lessico dei lirici greci, con il professor Guidorizzi. «Pochi ragazzi fanno il liceo classico per fare i filologi. Però tutti loro fanno un gesto rivoluzionario: la traduzione. La traduzione è il contrario dello stile di vita di chiunque: è un lavoro di cesello, di fatica, di scelta, di ricerca sul lessico e di conoscenza della tua lingua. È un lavoro che fai, ed è questo che costruisce la personalità di un ragazzo, secondo me». I vocabolari come «migliori amici», «formare l'occhio e la mente sulle parole, e capire che una non è un'altra»: così «la capacità di scelta apre il tuo mondo».
Anche i ragazzi di Atene e Roma secoli fa imparavano «la cura delle parole»; una cura che «ha le sue radici nell'importanza della retorica, per i greci che la inventarono, e per i romani che ne fecero la base dell'educazione: per loro era lo specchio di un'anima ben costruita». Ecco il titolo del libro, quindi, Una spa per l'anima: perché i classici sono una cura globale «a tutte le età». Le terme romane erano «un luogo di benessere fisico e mentale», gli imperatori facevano a gara nell'edificare luoghi maestosi, con acque, parchi, biblioteche, affreschi, porticati in cui potere camminare, ragionare e discutere, a fine giornata, in nome di «quell'idea otium che noi non possediamo più», perché noi «dobbiamo strappare il tempo a, per noi l'otium è negotium». Invece dall'otium possono nascere, per dire, i dialoghi di Cicerone. «È il nostro Dna, il Dna della cultura occidentale».
Di chi ci sarebbe proprio bisogno oggi? «In assoluto di Seneca: la sua operazione di avere creato il linguaggio dell'interiorità parla da sé». Dopo Seneca, Euripide: «Non solo per la modernità, ma per la libertà con cui affronta tutta la gamma dei sentimenti». Terzo, «Cicerone, per il senso dell'educazione civica: sente la responsabilità di avere fra le mani i futuri cittadini; ma, prima di essere un cittadino, devi essere un uomo, ben nutrito di filosofia, letteratura, matematica, scienza. E questo vale anche per il politico». Ci sono anche parole antiche da riscoprire, per il nostro benessere: meditazione («in gesti pratici: fermarsi a riflettere»); metodo («strada, in greco: la via attraverso cui raggiungi l'obiettivo»); conversazione («da verter, frequentare, vivere con una persona: è avere un rapporto di intimità verbale»). «E poi, da prof, amo la parola etica.
Ai ragazzi dico: ricordate che etica è greco puro. L'ethos è il carattere e, nel nostro carattere, c'è il nostro destino. Nella parola etica c'è tutto, c'è dentro la nostra natura. Anche se è una parola su cui a volte sorvoliamo».
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