Profumo, Montezemolo Si consuma la disfatta degli autocandidati

Si erano offerti come "non politici" e sognavano di spartirsi la torta del dopo Cav. Ora i tecnici sono arrivati, ma il "club di Berlino" è rimasto fuori da Palazzo Chigi

Profumo, Montezemolo Si consuma la disfatta  degli autocandidati

Raramente, nell’era della Repubblica dei pesi da distribuire con il bilancino, si è assistito ad una così grande massa di sconfitti come oggi, all’avvio del governo Monti. La crisi di Berlusconi invece aveva acceso appetiti profondi: in tanti si agitavano, scalpitavano, puntando tutti ad un solo obiettivo, prepararsi in pole position all’inevitabile «dopo». Già i discorsi di insediamento stile: «È un pesante fardello, ma per il bene del Paese (immancabile) sono disposto ad accettare questo gravoso impegno...» giravano nei sogni notturni dei nuovi predestinati, convinti di passare presto all’incasso. Il risveglio ieri è stato sicuramente amarissimo per molti e lo è stato con quasi una studiata perfidia, una scelta dei nomi che è sembrata direttamente congegnata per impallinare le ambizioni di tanti pavoni.

Ovviamente la prima vittima è stata la politica nel suo complesso. Il simbolo è racchiuso nel viso pacioso di Anna Maria Cancellieri, nota alle cronache proprio per il suo ruolo di supplente della cattiva politica, avendo ben sostituito come commissario proprio due sindaci, uno di destra e uno di sinistra rispettivamente a Parma e Bologna.

Nella lunga lista degli sconfitti svettano però alcuni nomi eccellenti non ancora politici. Cominciamo con Alessandro Profumo, l’uomo che «generosamente» aveva fatto sapere di «essere a disposizione del Paese» (ovviamente per il suo bene). Ebbene, quale beffa maggiore per l’ex boss di Unicredit della nomina di Corrado Passera al superministero dello Sviluppo economico? Lo schiaffo di preferire un manager in carica a uno già «a disposizione» è pesante e fa il paio con la comunicazione della maxiperdita fatta registrare dalla sua ex banca che in pratica lo ha «cancellato» contabilmente. Proseguendo nella lista degli sconfitti possiamo dire che al tappeto, e clamorosamente, sono finite tutte le ambizioni di Montezemolo e C. Per i «non politici» del Club di Berlino, che si apprestavano a banchettare sulla fine del berlusconismo presentandosi come i «nuovi», la botta è stata micidiale.

Se si rilegge oggi la paginata comperata da Diego Della Valle sui quotidiani per lanciare la sua invettiva anti sistema viene quasi tenerezza: un lungo proclama contro la politica invocando (guardandosi allo specchio e piacendosi molto) «persone nuove con competenza, preparazione, serietà». Ebbene, alla fine i tecnici sono arrivati, peccato però che né Montezemolo né Della Valle siano stati invitati a farne parte (difficile che la nomina di Andrea Riccardi basti a compensare) e appare improbabile che essi riusciranno a rientrare in gioco in tempi brevi, infatti il tecnico ha fascino se prova a sostituire il politicante, se deve invece puntare a sostituire uno più tecnico di lui ecco che perde tutto il suo appeal e da carrozza ritorna semplice zucca.

Con loro a bocca asciutta è rimasta anche la loro sponda mediatica, da un pezzo del Corriere agli amici Mentana e Mieli. D’altra parte la lezione è semplice: chi gioca sul serio la sua partita lo fa in silenzio, se hai bisogno di comperare una pagina di giornale per farti sentire è perché non ti si vuole ascoltare. Sconfitta anche l’ala «movimentista» di Confindustria: una guerra senza quartiere a Berlusconi, appelli, lettere aperte e proclami per ritrovarsi con il nulla e anzi, con lo stesso interlocutore che normalmente li aspettava al di là del vetro dello sportello della banca.

Disfatta poi per l’élite radical chic della cultura che aspettava di rimettere le mani sul ministero che considerava suo di diritto e che invece dovrà fare i conti con un manager cattolico del sapere del calibro di Ornaghi. Una parola infine per il «partito dei giudici»: una guerra devastante contro il potere di Berlusconi ha portato come grande risultato l’avere al ministero della Giustizia un’avvocato come la Severino che rischia di far rimpiangere ai loro occhi sia il dialogante Alfano che il magistrato Nitto Palma.

Completano il campo dei perdenti i sindacati e gli oltranzisti dell’assurda difesa della pensione: se la professoressa Fornero manterrà la sua eccellente idea del contributivo per tutti la sconfitta sarà per loro totale e cercata.
Twitter: @borghi_claudio

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