La sfida a ridurre le imposte per rimettere in moto la politica di rivoluzione fiscale che il Giornale ha messo ieri al centro dell'attenzione con l'editoriale di Nicola Porro, è stata raccolta dal presidente Berlusconi, puntando prioritariamente sulla abolizione dell'Irap, l'orribile imposta inventata da Prodi e Visco. L'iniziativa del premier collima con quanto si prepara a fare il futuro governo dei democristiani e liberali tedeschi di Angela Merkel, con una riduzioni di imposte per 50 miliardi di euro prevalentemente a favore delle imprese.
La presidente della Confindustria Emma Marcegaglia nelle sua agenda che io ho esposto qui in dieci punti, per la parte tributaria ha messo l'accento sulla riduzione della fiscalità sulle imprese e sui costi del lavoro. Come si ricorderà il premier si era dichiarato d'accordo con questa agenda. È dunque naturale che ora progetti questa massiccia operazione strutturale, che riguarda il lavoro e le imprese. Si tratta di mandare in soffitta un tributo che grava per 30 miliardi di euro sulle imprese: 20 sui loro costi del lavoro e 10 sui loro utili lordi di interessi passivi. Sono due punti di Pil del 2008, una cifra importante per la pressione fiscale, che è del 43 per cento circa.
Il bilancio italiano però è in rosso e bisogna equilibrare la spinta alla crescita del reddito e quindi del gettito fiscale che può venire, nel medio termine dalla riduzione delle pressione fiscale sulle imprese e sui loro costi, con la perdita immediata di entrate che ciò comporta. Una quadratura non facile anche perché la comunità internazionale ci scruta criticamente e spesso ci critica più del giusto, sospinta in ciò da unopposizione che pur di colpire Berlusconi e la sua compagine è disposta tutto. Sono pronto a scommettere che coloro che da sinistra attualmente rimproverano a Tremonti e a Berlusconi di non mettere mano alla riduzione della pressione fiscale che fa parte del programma e del dna della coalizione Pdl-Lega, saranno i primi a criticarli, quando lo faranno. Alcuni diranno che non basta, altri che ciò che viene fatto mette in pericolo la credibilità della nostra finanza pubblica e del nostro debito pubblico. Il Wall Street Journal, poi, è già partito lancia in resta contro il progetto del futuro governo Merkel di riduzione fiscale per 50 miliardi, sostenendo che manca di copertura finanziaria e non è serio. Inoltre i ministri delle finanze europei, hanno concordato che dal 2011 i deficit pubblici vanno progressivamente ridotti e riportati sotto il 3 per cento del Pil. Dunque Berlusconi ha un doppio compito, quello di attuare la promessa di rivoluzione fiscale e di assicurare la tenuta della finanza pubblica italiana e la sua credibilità internazionale.
C'è anche un altro problema. L'Irap è destinata a finanziare le Regioni, per la sanità. E dovendo attuare una riforma tributaria federalista il suo gettito va comunque assicurato alle Regioni, con una base imponibile autonoma e con aliquote variabili entro una certa banda. In parte questo problema si risolve eliminando l'Irap e sostituendola con due tributi equivalenti, una imposta sul profitto lordo di interesse e un contributo sanitario, gravante sul fattore lavoro e stabilendo che questi sono detraibili dalla imposta sul reddito dovuta dagli operatori economici di mercato. Calcolando questa al 33%, l'onere per i contribuenti si riduce di un terzo rispetto a quello dell'Irap. La restante parte dellonere va gradualmente eliminata controbilanciando il peso dei due tributi sostitutivi dell'Irap assegnati alle Regioni con riduzione della tassazione statale sui redditi e sui contributi sociali degli operatori economici. Questa rivoluzione fiscale dovrà dunque essere scaglionata nel tempo e si dovrà anche assicurare la sua credibilità finanziaria, con misure di contenimento della spesa e del debito pubblico. Nel campo della spesa, appare necessario elevare le età pensionabili, con meccanismi di flessibilità secondo la proposta di legge degli onorevole Cazzola-Della Vedova del Pdl o altre misure. Per il debito pubblico, è possibile attuare un suo alleggerimento mediante unulteriore privatizzazione della natura delle Ferrovie statali e dell'Anas, i cui debiti sono inclusi nel debito pubblico.
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