Prostitute e degrado: il quartiere a luci rosse ora sogna la libertà

I cittadini: «Bene, la polizia non poteva far nulla...». Ma una prostituta: «Vedrai che tra due mesi ci ritrovi qui»

Prostitute e degrado: il quartiere a luci rosse ora sogna la libertà

da Milano

«Non hanno freni. Urlano, pisciano, si masturbano, si ubriacano, si spogliano. E quando arriva la polizia gli gridano sul muso: mi dia del lei, io sono cittadino italiano. Ben venga la legge, dico io. E chi ha dei dubbi venga un po’ a vivere qui. Venga a scoprire come si vive in una piazza che da vent'anni è in mano al mercato del sesso».
Monica Castagnetti è la tabaccaia di piazza Perego, il più antico free shop della prostituzione maschile a cielo aperto a Milano. Nel 2000, l’ultima volta che la polizia cercò di metterci un freno, gli interventi vennero battezzati Operazione Tabaccaia. Appena finite le retate, i viados sono tornati. E con loro le notti insonni, i preservativi abbandonati negli androni, le risse, i marciapiedi e le aiuole trasformate in gabinetti. «Vanno via alle sei di mattina, quando io apro. Prima però finiscono di fare i loro bisogni qui davanti. Quando vedo che fanno solo la pipì sono contento», dice il papà della tabaccaia.
Bisogna venire qui, per capire cosa potrà voler dire in concreto la nuova legge preparata per incriminare prostitute e clienti. Bisogna muoversi per la città seguendo un baedeker singolare, l'elenco in cui il vicesindaco De Corato ha raccolto uno per uno i luoghi del sesso a cielo aperto nel capoluogo lombardo. Sei pagine di computer, 182 indirizzi. Non c’è zona che si salvi, da nord a sud, da San Siro alla Barona. A leggere l’elenco, Milano sembra il tracciato di un interminabile putan-tour, come la legione allegra e squallida dei clienti chiama le notti passate a rimorchiare.
Una volta erano quasi sparite. Ora sono migliaia. Bianche o nere, ucraine o uruguaiane. Il loro regno era la notte, adesso battono alla luce del giorno. Invadono stradoni industriali di periferia come viale Ortles e strade residenziali del centro. «Due si sono piazzate persino davanti alla chiesa - racconta Teresa, la portinaia di viale Monte Rosa -, altre due davanti al supermercato. Ma qui va ancora bene. Quando la sera andavo a pulire gli uffici in via Melchiorre Gioia mi trovavo circondata, da loro e dai loro clienti. Uno schifo».
Ben venga la legge, dice la portinaia Teresa. «Ben venga la legge», dice un’altra tabaccaia, quella di piazza Trento, dove di notte battono i ragazzini venuti dall’Est, rimorchiando alla luce dei lampioni, «e la polizia ogni tanto passa e non può farci niente, così il giorno dopo tutto è come prima». La mancanza di una legge che renda illegale vendere e comprare sesso era da sempre il muro di gomma contro cui rimbalzavano le petizioni di chi è costretto a aprire le sue finestre sui supermarket del marciapiede, sulle trattative del «trenta euro bocca e concha». Dice Monica Castagnetti: «L’ultima lettera arrivata dal Comune è di tre mesi fa: non possiamo fare niente perché non c’è una legge. Adesso la legge sembra che vogliano farla. Speriamo che dopo abbiano gli agenti per applicarla».
Cambierà davvero qualcosa? Dove finiranno ad incontrarsi queste legioni di donne (e uomini) pronte a vendersi e di uomini pronte a comprarle? Le tre veterane che battono all’angolo di via Desiderio da Settignano hanno l’aria di chi non si illude e non si spaventa. Dove andrete? «Ci penseremo quando sarà legge», «Torna tra due mesi e vedrai che ci trovi ancora qui». Ma girando e rigirando si scopre che anche questo è un mercato ormai fatto di segmenti diversi, di fasce ricche e di fasce povere, di realtà lontane tra loro anni luce. Si scopre che c’è un marciapiede economico e brutale, e sarà quello su cui la legge potrebbe cambiare molto. Ma c’è anche un marciapiede evoluto e ricco, fatto di trentenni italiane che battono con il polpaccio che penzola appena dalla Bmw cabrio, o di ragazze venute da fuori ma ormai avanzate, acculturate, imprenditrici del sesso più che puttane. Per loro il marciapiede è una convenzione, un’anticamera dell’appartamento. «Io - spiega Stella, uruguaiana con passaporto italiano, che ha 33 anni, un petto esplosivo e batte in via Ravizza - l’ottanta per cento del lavoro lo faccio col telefonino. Ho la partita Iva, se il cliente vuole fatturo come accompagnatrice, pago un po’ le tasse. A rimorchiare per strada sto già attenta adesso, perché anche senza la legge i vigili ci rifilano multe da 300 euro.

Meglio fare due passi e andare in appartamento, anche il cliente preferisce perché essere fermato e identificato non piace a nessuno». La legge cambierà, ma il mercato del sesso cambia più in fretta. «Tanto - dice Stella - questo è un business che non chiuderà mai. Perché il problema è che le mogli li trattano male...».

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