Provocazione Santanchè: "Gli agenti che sbagliano non sono mai assassini"

Dopo la condanna di Spaccarotella la Santanchè difende le forze dell’ordine sul web e scoppia la polemica: "Ma i genitori di Sandri hanno capito"

Provocazione Santanchè:  "Gli agenti che sbagliano  non sono mai assassini"

Una frase postata su Twitter incendia gli animi. Daniela Santanchè entra alla sua maniera, non in punta di piedi, su un tema delicatissimo, quello degli agenti che sparano: «Gli uomini delle forze dell’ordine anche se sbagliano non sono mai assassini». Le reazioni sono immediate e furibonde: centinaia di messaggi, insulti, minacce, anche pesantissime, indirizzate a lei e al figlio minorenne. Sullo sfondo ci sono almeno due fatti di cronaca che hanno colpito profondamente l’opinione pubblica: a Milano pochi giorni fa il vigile Alessandro Amigoni ha ucciso un cileno che stava fuggendo al parco Lambro. A quanto sembra, il sudamericano era disarmato ed era girato di spalle quando il proiettile fatale l’ha centrato. Contemporaneamente è diventata definitiva la condanna dell’agente Luigi Spaccarotella a 9 anni e 4 mesi per la morte di Gabriele Sandri, il giovane tifoso della Lazio ammazzato all’area di servizio di Badia al Pino. Episodi controversi che hanno suscitato reazioni opposte nella collettività.
Daniela Santanchè è spesso controcorrente se non spiazzante nelle sue dichiarazioni e non ha mai paura di sfidare il pensiero dominante. Questa volta però si dice stupita dal montare delle reazioni, sempre più scomposte, un fiume che inonda il web: «La mia frase - spiega al Giornale - non va fraintesa. Io ho solo detto, e l’ho ribadito su Facebook e lo ripeto anche qua, che non mi piace questo clima permanente di delegittimazione nei confronti di chi indossa una divisa. I poliziotti, i carabineri, i vigili possono sbagliare e devono pagare, sì devono pagare, quando violano la legge. Su questo non ho il minimo dubbio. Ma non si può etichettarli come assassini. Gli assassini, se permette, sono un’altra cosa. Un’altra categoria. E invece sento questi commenti colmi di disprezzo: gli agenti diventano subito pistoleri, le loro vite finiscono subito nella polvere e le loro azioni, quando commettono errori, non si distinguono più da quelli di banditi, criminali e assassini veri. Non mi sta bene, così come non ho mai digerito il linciaggio di Mario Placanica, che sparò a Giuliani a Genova e fu crocifisso».
Naturalmente si può obiettare che un caso è diverso dall’altro e la storia di Placanica ha tratti diversi rispetto a quella di Spaccarotella a sua volta non paragonabile a quella di Amigoni. Ma i distinguo saltano quando si toccano argomenti che bruciano come ferite mai chiuse. Giorgio Sandri, il padre di Gabriele, replica a muso duro all’ex sottosegretario: «Devo pensare che per la Santanchè la legge non è uguale per tutti». Lei cerca di attutire i toni: «Il padre di un ragazzo morto in quel modo - spiega ancora al Giornale - ha tutto il diritto di dire quello che vuole, anche di insultarmi. Non voglio polemizzare con una famiglia investita da un dolore troppo grande. Però sommessamente aggiungo che definire Spaccarotella assassino mi pare spropositato, come mi pare eccessiva la pena. Ma io non mi nascondo dietro un dito: ho telefonato al fratello di Sandri e gli ho chiarito la mia posizione».
Il diluvio però non si ferma. «Nell’onorare la memoria di Gabriele Sandri - afferma il vicecoordinatore di Fli Fabio Granata - considero vergognose le parole della Santanchè». In rete invece l’aggressione va avanti come la colata di un vulcano in piena eruzione.

Lei, da madre, si preoccupa: «Mi stanno minacciando su Twitter e sul web, minacciano mio figlio e nessuno dice niente». Poi però accende una nuova fiammata: «Se il vigile Nicolò Savarino avesse estratto la pistola e sparato, non sarebbe morto un mese fa a Milano, ma magari sarebbe in carcere e qualcuno gli griderebbe: assassino».

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