Pubblicato ieri il Motu proprio che autorizza il messale preconciliare nelle parrocchie. Benedetto XVI scrive ai vescovi: non è un passo indietro rispetto al Concilio «La Messa in latino torna per unire la Chiesa» Il Pontefice ha promulgato le nuove no

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Pubblicato ieri il Motu proprio che autorizza il messale preconciliare nelle parrocchie. Benedetto XVI scrive ai vescovi: non è un passo indietro rispetto al Concilio «La Messa in latino torna per unire la Chiesa» Il Pontefice ha promulgato le nuove no

da Roma

Il messale preconciliare in latino, mai abolito né ufficialmente proibito, è stato liberalizzato ieri da Benedetto XVI con la pubblicazione del Motu proprio «Summorum Pontificum cura». Un documento coraggioso che entrerà in vigore il prossimo 14 settembre, festa dell’esaltazione della Santa Croce: i fedeli attaccati al vecchio rito potranno rivolgersi direttamente ai parroci per chiedere la celebrazione dell’antica Messa nelle domeniche e nelle festività, triduo pasquale compreso. Papa Ratzinger ha accompagnato il documento con una lettera inviata ai vescovi nella quale spiega le ragioni del suo gesto.
Ecco le novità più rilevanti: nelle parrocchie in cui «esiste stabilmente un gruppo di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica», il parroco è invitato ad accogliere volentieri le loro richieste. Il messale autorizzato è quello del 1962 e potrà essere usato nei «nei giorni feriali, nelle domeniche e nelle festività», ma anche per celebrare «esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi» e per i sacramenti, dal battesimo alla cresima, dal matrimonio all’unzione degli infermi. Le letture «possono» (non debbono) «essere proclamate anche nella lingua vernacola». I preti potranno usare il vecchio messale per le messe private (quelle fuori orario, alle quali però possono assistere fedeli) senza chiedere permesso a nessuno, così come potranno recitare il breviario secondo le antiche formule. Il vescovo interverrà nel caso sorgano difficoltà, ma è «vivamente invitato ad esaudire il desiderio» dei tradizionalisti e potrà istituire una «parrocchia personale» dedicata ai tradizionalisti. L’ultima istanza sarà la commissione «Ecclesia Dei», incaricata di vigilare sull’osservanza delle nuove disposizioni.
Nella lettera, Benedetto XVI risponde alle obiezioni preventive sollevate contro la sua decisione, spiegando che il nuovo messale «è e rimane la forma normale» di Messa. Quella antica sarà infatti una forma straordinaria dello stesso rito romano. Ratzinger ricorda poi che alcuni fedeli si sono riavvicinati all’antica liturgia «perché in molti luoghi non si celebrava in modo fedele alle prescrizioni del nuovo messale, ma esso addirittura veniva inteso come un’autorizzazione o perfino come un obbligo alla creatività, la quale portò spesso a deformazioni della liturgia al limite del sopportabile». Parlando «per esperienza» diretta, il Papa ricorda di aver «visto quanto profondamente siano state ferite, dalle deformazioni arbitrarie della liturgia, persone che erano totalmente radicate nella fede della Chiesa». Il Motu proprio intende dunque offrire «un regolamento giuridico più chiaro» e «liberare i vescovi dal dover sempre di nuovo valutare come rispondere alle diverse situazioni». Quanto al timore di disordini e spaccature che la liberalizzazione potrebbe provocare, Benedetto XVI ritiene il rischio «non realmente fondato», dato che l’uso del vecchio messale «presuppone» una certa formazione liturgica e «un accesso alla lingua latina» oggi poco frequente. Il Papa riconosce che «non mancano esagerazioni e qualche volta aspetti sociali indebitamente vincolati all’attitudine» dei fedeli tradizionalisti, ma chiede ai vescovi «carità e prudenza pastorale» auspicando che si celebri «con grande riverenza» anche la nuova Messa. Ratzinger accenna poi alla necessità di fare tutti gli sforzi possibili per mantenere o ritrovare l’unità anche con questi fedeli e precisa che «ovviamente per vivere la piena comunione anche i sacerdoti delle comunità aderenti all’uso antico non possono, in linea di principio, escludere la celebrazione secondo i libri nuovi». Infine, l’invito ai vescovi a scrivere alla Santa Sede un resoconto a tre anni dall’entrata in vigore del Motu proprio, per valutare soluzioni alle eventuali difficoltà. Bernard Fellay, il superiore dei lefebvriani, ha espresso «viva gratitudine» a Benedetto XVI, non nascondendo però «le difficoltà che ancora sussistono» sui problemi dottrinali.

Mentre preoccupazione è stata espressa dal cardinale Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, che in un’intervista all’agenzia francese I-Media esprime la sua «paura che le motivazioni del Papa non siano ben comprese».

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