Come se un tassista in Panda riuscisse a infiltrarsi tra Schumacher e Alonso e poi li superasse sull’ultima curva di Monza. Oppure come se la squadra dei galeotti di Poggioreale, ammessa per miracolo alla Champions league, nella finale di Londra battesse per 3-0 il Barcellona. Nella commediola lacrimosa e ultrabuonista Dreamer, che non stonerebbe nell’album rosa di casa Disney, succedono cose da pazzi, sportivamente parlando. Ma cominciamo dall’inizio. A Lexington, nel Kentucky, il dimesso e spiantato allenatore Ben Crane (Kurt Russell) non può opporsi all’arrogante Everett Palmer (David Morse): Sonya deve correre. Inutile ribattere che la puledra è fresca reduce da un leggero infortunio e rischia quindi grosso. La cavallina parte bene, è ancora in testa a pochi metri dal palo, ma, patapumfete, cade con la zampa destra fratturata. Bisogna abbatterla, tuona il padrone, ma Ben, spinto dal pianto della figlioletta Cale (Dakota Fanning), la porta via come liquidazione dopo l’immediato licenziamento. Lunga è la strada della riabilitazione tra le perplessità di mamma Lily (Elisabeth Shue) e nonno Pop (Kris Kristofferson). A poco a poco Sonya, ribattezzata Sonador, riprende a camminare, poi a galoppare. Anzi a volare. È una pazzia, ma si può tentare di iscriverla alla mitica Breeder’s cup.
Oh, yes, chi mai la vincerà? La bimba prodigio, nel senso di prodigiosa dispensatrice di smorfie, Dakota Fanning, con la complicità dello svogliato parentado e di un anemico regista debuttante, tale John Gatins, vuole spacciare per plausibile una storia assurda come poche. Difficile da bere anche per i bambini delle elementari.DREAMER (Usa, 2006) di John Gatins con Kurt Russell, Dakota Fanning. 98 minuti
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