Il punto Una tv che rischia di restare sempre vecchia

Ma i problemi non si chiamano solo Fazio, Gabanelli, Floris e Dandini. Persi ore e ore dietro i tentativi di «addomesticare» i pezzi da novanta della sinistra, i dirigenti della televisione di Stato stanno perdendo di vista la questione più grave: l’inarrestabile processo di invecchiamento dell'offerta editoriale. Insomma, i programmi proposti dalle reti generaliste (le tre Rai, ma il discorso vale in parte anche per le tre Mediaset) sono immutati da anni, con poche variazioni e qualche sporadico tentativo di sperimentare qualcosa di nuovo. E, se anche si lanciano nuovi titoli, si resta ancorati alle vecchie modalità di racconto. Basta dare una veloce occhiata ai palinsesti: che rivedremo in autunno? I migliori anni (che arriverà alla quinta stagione), Ti lascio una canzone (pure quinta stagione) fotocopiato su Canale 5 da Io canto, Grande fratello (dodicesima (!) edizione), C'è posta per te (undicesima stagione), Mi manda Raitre (in onda da vent’anni) e via elencando. Su Raiuno l’unico show nuovo di prime time si intitolerà Me lo dicono tutti, presentato dal resuscitato (professionalmente parlando) Pino Insegno che altro non è che una riformulazione delle candid camera. A Canale 5 qualcosa provano a cambiare: a settembre si sperimenteranno due nuovi quiz (con Bonolis e Scotti) e un one-man-show con lo straordinario Checco Zalone.
Ma la strategia conservativa a lungo andare è autodistruttiva: i grandi canali - che trattengono ancora la maggior parte della platea televisiva - hanno perso quasi tutto il pubblico giovanile e non sono più competitivi con i concorrenti più avanzati, come i canali tematici digitali, satellitari e Internet. Il rischio è di perdere anche la massa di spettatori di medio e basso livello culturale. Il fatto è che la Rai (per questioni politiche) e Mediaset (per questioni di business) sono restie ad affrontare il radicale cambiamento di sistema che l’avvento del digitale e della Tv via web ha imposto. Su queste nuove reti si sperimentano linguaggi e prodotti nuovi - con grande influenza dell’offerta americana -. Certo, si dirà, molti canali digitali sono realizzati dall’azienda di Stato e da quella di Cologno, ma i due sistemi almeno per ora non hanno aperto molti vasi comunicanti. Che fare allora? In Rai, oltre a discutere di nomine, di Santoro, Floris, Dandini, bisognerebbe che qualcuno competente si mettesse a studiare un’offerta diversa, con un linguaggio moderno.

Un piccolo esempio si è visto in queste settimane su Raidue: il programmino Insideout, la scienza (ambiente, corpo umano, fisica applicata) raccontata in maniera brillante. Risultato? Un pubblico giovane e di alto livello culturale. Dunque? Non è poi così impossibile cambiare qualcosa.
LR

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