da Roma
Bulli e pupe, addio. È il turno delle bulle pupe, come cronaca insegna. Sono loro, le adolescenti secche con lo sguardo dacciaio, le nuove dominatrici duna scena sociale abitata da genitori latitanti a se stessi, figurarsi alle figlie. E allora, se dal presepe di dentro mancano, oltre a Giuseppe e a Maria, il bue e lasinello, per scaldarti il cuore bambino, meglio inseguire la stella cometa di un ego, che sfolgora di cattiveria pura. Magari con la borsa-bauletto griffata e i charms appesi al cellulare dultima generazione, tanto, chissenefrega: i soldi di papà e mamma non mancano. Al più, una marchetta veloce alla disco e vai con la ricarica, se occorrono gli spicci. E basta col piagnisteo alla Moccia, sulle teen-agers acqua&sapone, tipo Michela Quattrociocche, smelassata interprete di Scusa, ma ti chiamo amore, che vola tra i muscoli di Raoul Bova, ma solo col diploma in tasca. Poi, quei finti ragazzini, che spuntano come funghi nelle pellicole per giovani, però allanagrafe, tra un po, fanno trenta (da Cristiana Capotondi a Nicolas Vaporidis, liceali for ever nelle varie notti, prima degli esami e ancora nostre), hanno stufato. Qua, tra unErika di Novi Ligure e una Samantha di Perugia, mentre beatificano suor Laura, massacrata da tre bad girls, e intanto che avanza il bullismo femminile, ci vuol altro. Un gioco da ragazze, per esempio, come il ventitreenne Matteo Rovere titola la sua sofisticata commedia nera, ai blocchi di partenza della prima estate, forse del festival di Cannes. Si tratta dun film prodotto dalla Colorado di Maurizio Totti e da Rai Cinema, ispirato allomonimo romanzo di Andrea Cotti (edito da Mondadori) e sceneggiato, tra gli altri (Andrea Cotti, Teresa Ciabatti, Matteo Rovere), da Sandrone Dazieri, garanzia di giallo al pepe verde, come letà delle protagoniste. «Finora ci hanno raccontato le adolescenti, come le vogliono gli adulti. Io non ne posso più della Capotondi, di Vaporidis, di gente grande, che interpreta i sedici-diciassettenni sullo schermo. Meglio i primi film di Gabriele Muccino, allora! Là cerano adolescenti veri», spiega lesordiente, ex-allievo del Liceo Mamiani, già opificio di sessantottini romani, altra razza che i ventenni, giustamente, malsopportano (vedere, a proposito, il bel romanzo del ventunenne Vincenzo Latronico, Ginnastica e rivoluzione). Tanto per cominciare, le ragazze che qui fanno i loro giochini, (omicidi e manipolazioni psichiche), sono perfette sconosciute, soltanto molto carine. «Ho fatto un casting nelle scuole, per trovare teen-agers vere, di oggi, nelle quali il pubblico giovane potesse riconoscersi. Le mie attrici dovevano risultare molto intelligenti e molto cattive: le ragazzine e in genere gli adolescenti attuali, danno molto spazio allintelligenza, perché usando Internet, in totale anarchia, accedono a dinamiche poco emozionali, diciamo orizzontali, prive di reazioni emotive. I genitori hanno rinunciato a educare e tutto può succedere, nel vuoto dei valori. Ma nel mio film, non giudico: registro, con una ricerca formale, che mi fa abbassare la macchina da presa, per riprendere le ragazze ad altezza degli occhi, quanto succede in una città di provincia come tante», dice Rovere, enfant prodige, avendo vinto una quarantina di premi con i suoi corti, dai titoli esemplari: Homo homini lupus e Lexotan. Zeitgeist subito, allora? «Tramontata la Generazione-X, che negli anni Ottanta aveva lideale di occupare le scuole, ecco le mie ragazze furbe e manipolatrici, un po Garlasco, un po Perugia, una Notte prima degli esami al rovescio», commenta lesordiente, appena uscito dalladolescenza pure lui.
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