Al Qaida, il video dei turisti fai da te contro l’Italia

Se il fatto non fosse drammaticamente serio, e in ballo non ci fossero le vite di due nostri connazionali, verrebbe voglia di dire che la firma di Al Qaida sul sequestro del siciliano Sergio Cicala e di sua moglie Philomene Kabore, rapiti dieci giorni fa nel sud-est della Mauritania, segna il punto più basso, sotto il profilo ideologico e militare, toccato dalla Spectre messa in piedi dallo sceicco saudita Osama Bin Laden. Scassapagliai, più che terroristi. Topi del deserto, ma pericolosi e assetati di sangue; così incattiviti dai fragorosi insuccessi conseguiti dalla casa madre da considerare come un trofeo di guerra una coppia di inermi turisti che hanno avuto solo la balzana idea di avventurarsi in un territorio che tutti sapevano essere infestato da sciacalli armati di mitra.
Siamo lontani dalla sofisticata strategia, da quella feroce ingegneria del terrore che Al Qaida scolpì sui cieli d’America e dell’Occidente la mattina dell’11 settembre 2001, con l’attacco alle Torri. Ma siamo anche lontani, sideralmente lontani, dai sequestri e dalle esecuzioni perpetrati in Irak e in Afghanistan contro i supposti «nemici dell’islam»: fossero essi i soldati di un contingente di polizia internazionale che ai loro occhi vestivano i panni dei «crociati» invasori; o dei contractors come Fabrizio Quattrocchi, o giornalisti come Giuliana Sgrena o Daniel Pearl, o ancora volontari impegnati nella ricostruzione, come Simona Pari e Simona Torretta. Tutti, per un motivo o per l’altro, magari arrampicandosi sugli specchi, potevano essere considerati come degli «infedeli» degni di essere passati a fil di spada. Perfino i giornalisti, che nella visione qaedista sono pur sempre «i giornalisti del nemico». Perfino i volontari delle Ong, «spie», o comunque «fiancheggiatori» del nemico. Ma Sergio Cicala, un pensionato con la barba bianca! Ma Philomene Kabore, che in virtù del tartufismo islamico dei sequestratori compare nella fotografia da sequestrata col volto velato, in omaggio alla sharia! Rapita e ridotta in schiavitù, con un mitra puntato alla testa, senza aver fatto nulla di male, come certamente il Corano non prevede; ma mostrata in pubblico velata - ah sì! - in modo che i cinque tagliagole armati di mitra che circondano la coppia, da qualche parte nel deserto africano, possano dirsi a posto col «regolamento».
La foto di rivendicazione è accompagnata da un audio in cui un presunto portavoce di «Al Qaida per il Maghreb», tal Salah Abu Mohammed, spiega che il rapimento è da considerarsi una risposta ai «crimini compiuti dal governo italiano in Afghanistan e in Irak». In cambio di Sergio Cicala e di sua moglie, la banda che li ha in pugno chiede la liberazione di militanti trattenuti nelle prigioni occidentali. Letteralmente: «Noi proseguiremo sulla via della Jihad e ci sforzeremo in ogni modo per ottenere il rilascio dei nostri fratelli detenuti nelle vostre carceri». È l’aspetto «nobile» della trattativa; l’immancabile solfa rivendicazionista, la generica premessa ideologica. Ma è fin troppo chiaro che l’unico obiettivo perseguito dai terroristi mauritani (o forse algerini) è quello di un congruo riscatto in denaro.
Verosimile, purtroppo (e lo diciamo nonostante le giuste cautele avanzate finora dalla Farnesina) è che la coppia di coniugi sia davvero nelle mani di quella costola algerina del movimento terroristico che ha firmato molte delle sue gesta in quel quadrante africano con la sigla di «Al Qaida per il Maghreb». Difficilmente, in casi del genere, una banda di predoni «puri» si sarebbe presa la briga di diffondere una fotografia degli ostaggi e di montare tutto il teatrino per far conoscere al mondo la loro impresa. Converrà dunque attrezzarsi e dare per scontato che la trattativa non sarà né semplice né breve, e che la pressione psicologica sui negoziatori e sul Paese sarà brutale.
Insomma una brutta, bruttissima storia. Quanto gli renderà sotto il profilo propagandistico è invece da vedere.

L’«onore», nel mondo arabo, è una merce che ha ancora qualche valore. E sarà forse toccando anche questo tasto (la vigliaccheria di prendersela con una coppia di turisti armati di... macchina fotografica) che si riuscirà forse a far tornare a casa Sergio Cicala e sua moglie.

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