Franco Ordine
Caro Guidolin, è riuscito a chiudere occhio dopo aver sbancato San Siro e battuto il Milan?
«Era complicato farlo durante il viaggio di ritorno, in aereo, nella notte. Impossibile anche allaeroporto di Palermo dove, alle 3 e mezzo del mattino, abbiamo trovato un bel numero di tifosi che sono venuti a far festa con noi. Si è trattato di una piacevolissima accoglienza, inaspettata tra laltro. Come dico io: sono cose che possono accadere solo a Palermo».
Si può dire che il secondo tempo di San Siro è da considerare la partita perfetta del suo Palermo?
«Certo. Non il primo, naturalmente. Eravamo troppo timidi, in soggezione. Allintervallo sono entrato nello spogliatoio e ho detto: ragazzi se continuiamo così, prima o poi prendiamo il gol e torniamo a casa. E i ragazzi mi hanno seguito interpretando in modo spregiudicato la ripresa. La considero una bella impresa anche se non è il caso di esaltarsi. Mancano troppe partite da qui alla fine del campionato. Dobbiamo goderci il giorno di gloria, erano 70 anni che non succedeva un evento del genere. Ma adesso torniamo al lavoro, per favore».
A sentire Rino Foschi, il suo dirigente più vicino, il Palermo si è commosso per la visita e i complimenti, a fine partita, di Silvio Berlusconi...
«Labbiamo incrociato prima dellinizio, è venuto a salutarci come si fa, in genere, con gli ospiti. Alla fine ha bussato alla nostra porta e si è complimentato per come abbiamo giocato oltre che per il successo. È stato un gesto elegante, rarissimo purtroppo nel nostro calcio pieno di veleni. Era già accaduto a una mia squadra dieci anni prima, col Vicenza. Vincemmo con gol di Di Napoli a San Siro. Allora io fui sorpreso da quella visita, ero sotto la doccia. Stavolta mi sono fatto trovare bello e pronto, non volevo perdere unoccasione del genere per stringergli la mano».
È un caso se il Palermo ha vinto fuori tornando al 3-5-2?
«Non può essere una coincidenza. È già successo allOlimpico contro la Lazio, si era ripetuto in amichevole con lEspañol. È un sistema di gioco che ci può essere utile, molto utile. Avevamo bisogno di mettere la museruola al Milan coi due attaccanti centrali e con quel modo di attaccare centralmente. Ce labbiamo fatta».
Lei, caro Guidolin continua a non voler sentir parlare di scudetto a Palermo: è solo una questione di scaramanzia?
«Dalla sconfitta interna con lAtalanta è passata appena una settimana, non posso cambiare idea in sette giorni. Parlerei di scudetto se mancassero sette turni alla fine e fossi in testa a pari punti con lInter. Invece lo scudetto non ci può riguardare. E ci sono dei numeri che lo dimostrano».
Quali, scusi?
«Il Palermo in questi ultimi due anni ha fatto tra i 50 e i 53 punti, sesto posto il miglior piazzamento. Per vincere lo scudetto dovrebbe migliorare del 50% addirittura il suo fatturato. È impossibile. Possiamo arrivare tra i primi quattro e a quel risultato dobbiamo puntare».
Si offende se scriviamo che il campionato di questanno è più povero?
«No, anzi lo capisco. Senza Juve cè un patrimonio che è stato disperso. Ma è forse più interessante con Udinese, Atalanta, la stessa Roma oltre al Palermo che danno il cambio ai soliti noti».
Cosa cè dietro il momento di gloria del calcio siciliano?
«Per Palermo la spiegazione è elementare: è cambiato tutto quando è arrivato in città un imprenditore facoltoso e ambizioso come Zamparini. Dietro i risultati del Catania cè un gran bel lavoro di società e squadra. Anche il Messina sta raccogliendo soddisfazioni e mercoledì sera tocca a noi fare i conti con la squadra di Giordano».
Nel suo Palermo cè una bella sorpresa da citare?
«La disponibilità della squadra a giocare con moduli diversi senza perdere di vista il risultato».
È finita la sofferenza dei suoi mondialisti?
«Barzagli e Zaccardo hanno pagato pegno nelle prime settimane. Qualche gol di troppo è arrivato anche per questo motivo. Ora hanno smaltito la sindrome e hanno ripreso a giocare con rendimento altissimo. Barzagli è lerede di Nesta. Una coppia di difensori, così giovani e così bravi, italiani, non ce lha nessuno nel nostro campionato».
Ha paura del contagio dellentusiasmo di Palermo?
«Noi siamo lorgoglio della città, non può essere questo vissuto come un problema, semmai come una carica straordinaria. Sta a noi non perdere di vista mai la realtà».
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