Quando dipingere è un vizio di famiglia

Una grande mostra, divisa in due sedi, sui pittori valtellinesi che animarono il ’700 lombardo

Il 2008 può ben essere definito l’anno dei Ligari, la celebre dinastia di pittori valtellinesi. Sono infatti tre le mostre che alla loro opera fanno riferimento. Il tutto sotto il titolo collettivo «I Ligari, pittori del ’700 lombardo».
Il «Progetto Ligari» avrà nella Galleria del Credito, a Palazzo delle Stelline, il suo fulcro - qui saranno esposte le opere fondamentali di questa dinastia di pittori, suddivise per aree tematiche: genere sacro, genere profano, ritrattistica, un corpus imponente che copre all’incirca l’intero Settecento - mentre nelle sale del Museo Diocesano sarà possibile vedere l’opera di Pietro Ligari e dei figli Cesare e Vittoria messa a confronto con dipinti di artisti lombardi e veneti che ne precedettero e ne affiancarono la carriera. A curare le due mostre sono state rispettivamente Simonetta Coppa e Eugenia Bianchi. Infine, a Sondrio, a Palazzo Seroli, preso la storica Galleria del Credito, ci sarà, a cura di Angela Dell’Oca, una sezione monografica focalizzata sui disegni e sulle prove di arte incisoria dei maestri.
Capostipite della dinastia è Giovan Pietro, detto appunto «il Ligari» dal nome della contrada posta nel territorio comunale di Sondrio. Figlio di famiglia agiata, nato nel 1686, appena dodicenne è già a Roma, a bottega da un seguace di Pietro da Cortona, Lazzaro Baldi. Dopo un’iniziale vagabondare per l’Italia centrale e a Venezia, Giovan Pietro si stabilisce prima a Milano e poi in Valtellina. Personalità eclettica, architetto, progettista di arredi liturgici, agronomo, la sua pittura si nutre di un colorismo tutto particolare che gli consente di declinare in mondo personale il classicismo del suo tempo. Non c’è tema che sfugga al suo pennello: fra quelli di carattere sacro resta celebre il suo Battesimo della principessa indiana, ma particolari sono anche i ritratti, le nature morte, gli studi di famiglia.
Sorte più infelice toccherà al figlio Cesare, scolaro a Venezia del Piazzetta e di Giambattista Pittori: il peso e l’autorità del padre lo penalizzarono, il suo tentativo di liberarsi da un’impronta così forte non fu compreso dai suoi contemporanei e dopo alterne vicende di fortuna e di difficoltà, trascorrerà l’ultimo periodo della sua vita nel comasco, in cattive condizioni economiche e di salute.
Terzo rappresentante della dinastia è la dolce Vittoria, la più piccola dei figli di Giovan Pietro, specializzata in soavi Madonne e in stupende pale d’altare: il suo essere donna e pittrice in una società dove il ruolo dell’artista rimaneva essenzialmente maschile ed era accompagnato da una punta di moralistico sospetto, ne limitarono forzatamente la gamma artistica.
Nelle due mostre, i soggetti sacri hanno ovviamente lo spazio maggiore. Come ha sottolineato il direttore del Museo Diocesano Paolo Biscottini, due giganteschi olii meritano fra gli altri l’attenzione: il Transito di San Giuseppe e la Madonna con bambino e i Santi Anna e Domenico. Fra quelli profani vale la pena citare di Pietro Il Satiro e la ninfa e di Cesare l’Allegoria, due olii su tela di stupefacente modernità, in linea, come ha detto Philippe Daverio con una pittura elegante, ma domestica, mai accademica.

Quanto a Vittoria, di grande interesse sono i due olii con soggetti biblici, il Mosè salvato dalle acque e il Mosè sprezzatore del Faraone.
I Ligari, pittori

del Settecento lombardo
Fino al 19 luglio
Museo Diocesano,

corso di Porta ticinese 95
Galleria Gruppo credito

Valtellinese,

corso Magenta 59

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