Le stranezze della Storia: lo stato di Israele ha un grande debito di riconoscenza verso quel paese europeo che pure fu il primo a espellere gli ebrei, la Gran Bretagna. Se non fosse stato per un gruppo di uomini politici inglesi formatisi culturalmente e spiritualmente sulla Bibbia a tal punto da saper enumerare le città palestinesi con più facilità rispetto alla geografia patria, gli ebrei non si sarebbero potuti insediare nella terra dei padri. O perlomeno lo avrebbero fatto con molto ritardo e difficoltà ancora maggiori, respingendo varie proposte tra cui quella di insediarsi in Uganda, per costituire lì lo «stato-focolare».
Il primo battaglione ebraico a combattere in Palestina dopo duemila anni fu il 38° Fucilieri Reali - chiamato anche «Legione ebraica» - impegnato in una campagna che vide Lawrence dArabia alla testa di pittoreschi soldati a cavallo, circondato dallaura di gloria quando entrò a Damasco. Fu il colpo decisivo che le potenze europee dettero, nellottobre 1918, allagonizzante impero ottomano, durato ben 400 anni.
Eventi-chiave minuziosamente ricostruiti da Jill Hamilton nel saggio, particolarmente documentato, Il Dio in armi. La Gran Bretagna e la nascita dello Stato di Israele (Corbaccio, pagg. 436, euro 24), un libro che va alle radici dellattuale conflitto mediorientale, e cioè ai primi decenni del Novecento quando, sullonda del movimento sionista, le grandi potenze europee si trovarono di fronte alla decisione di creare quello Stato di Israele che vedrà la luce nel 1948.
La tesi centrale del lavoro di Jill Hamilton è la disponibilità «biblica» dei cosiddetti «nonconformisti» inglesi, nutriti sin dallinfanzia dai precetti morali dellAntico Testamento e quindi sensibilissimi alla richiesta degli ebrei di tornare a Gerusalemme. «Nonconformisti» venivano chiamati coloro che in Inghilterra si opposero allordinamento religioso promulgato da re Edoardo IV nel 1588, accusato dessere troppo legato a Roma.
Durante la prima guerra mondiale gli inglesi, al di là di ogni considerazione religiosa, volevano portare la Palestina entro i confini del loro impero. Il Medio Oriente significava petrolio, soprattutto in Mesopotamia dove «inventarono» lo Stato iracheno. Ma accanto a questa strategia politico-economica, prese forma lidea di fare della Palestina un rifugio stabile per gli ebrei. Per questo obiettivo si batterono in particolare il premier Lloyd George e il ministro degli esteri Arthur Balfour (e dietro cerano uomini potenti come Rothschild, banchiere e leader della comunità ebraica in Inghilterra). Il Gabinetto di guerra inglese negli anni più difficili della prima guerra mondiale, discuteva sulla collocazione definitiva degli ebrei e sulle richieste dei sionisti, ma si dovette attendere non poco per una dichiarazione diplomatica: accadde nel novembre 1917 quando i cannoni britannici furono schierati a Gaza alla vigilia dellingresso dellesercito di Sua Maestà in Terrasanta.
Un bel ribaltone: la Gran Bretagna, uno degli ultimi paesi in Europa in cui si stabilirono gli ebrei, fu anche il primo del Vecchio Continente a deciderne lespulsione forzata. La migrazione dei figli di David cominciò con il regno di Guglielmo il Conquistatore (nel 1066). Due secoli dopo Edoardo I li cacciò, guadagnandosi lappellativo di «Martello degli ebrei» (fu poi Oliver Cromwell, quattrocento anni dopo, a concedere loro il permesso di residenza).
Jill Hamilton - che non scorda di sottolineare il secolare antigiudaismo cattolico (dalluso in maniera spregiativa del termine «ebreo» nel Vangelo di Giovanni fino alla preghiera recitata in tutte le chiese di rito romano nella ricorrenza del Venerdì Santo il cui incipit «Preghiamo anche per i perfidi giudei...» fu eliminato soltanto nel 1959 - spiega come alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale gli ebrei attirarono la preoccupata attenzione anche delle autorità ottomane, le quali presero molte misure restrittive. E alcune comunità arabe cominciarono a diventare insofferenti verso un popolo che vantava lappoggio di potenti associazioni internazionali (e soprattutto di carattere finanziario), dopo secoli di coabitazione pacifica, tanto che fino ad allora gli arabi si rivolgevano al «popolo del Libro» - così chiamavano gli ebrei - per dirimere alcune controversie. Ciò spiega il fatto che, visti gli ostacoli in Palestina, moltissimi ebrei decisero di emigrare in altre parti del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Argentina e in Australia. In Palestina giunse solo una piccola parte dei due milioni e settecentomila ebrei che partirono in massa dalla Russia e dallEuropa orientale (e non si dimentichi la frase di George Gordon Byron: «Il colombo selvatico ha il suo nido, la volpe la sua tana, gli uomini il loro paese: Israele ha solo la sua tomba»).
La vita nellarida terra palestinese era durissima: una comunità ebraica che si era insediata nella valle di Sharon, nella zona di Jaffa, costruendo come abitazione delle capanne di fango, decise poi di tornare a Gerusalemme malgrado la promessa di aiuti economici del barone Edmond de Rothschild. Esistevano poi intralci amministrativi. Per esempio qualsiasi compravendita di terre doveva avere limprimatur del pascià locale, che non era certo tenero con i non musulmani.
La situazione si complicò quando la Turchia, nel novembre 1914, dichiarò la guerra santa, la jihad, contro gli infedeli: i musulmani venivano esortati allunità (altra «stranezza» della Storia: la jihad del califfato ottomano ebbe lappoggio della Germania, lalleato cristiano, a maggioranza luterana). A complicare il quadro politico-militare, il fatto che molti ebrei combatterono nelle file dellesercito ottomano: a Gallipoli si trovarono gli uni di fronte agli altri. Inoltre nellesercito tedesco erano stati reclutati almeno centomila soldati ebrei (tra cui quattromila ufficiali).
Alla fine, il 20 gennaio 1918, Londra mobilitò la «Legione ebraica». Il primo ministro inglese Lloyd George, a parte le personali simpatie verso il popolo dellAntico Testamento, era un uomo di Stato che non poteva ignorare il cinismo della politica. In quelloccasione dichiarò: «Gli ebrei potrebbero renderci un servizio migliore degli arabi nella campagna in Palestina».
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