Quando l’Unione chiude gli occhi

Arturo Gismondi

Mario Pirani, in una sua rubrica su La Repubblica intitolata «Linea di confine» racconta, non celando la sua riprovazione, l'impresa dei no-global veneziani che alcuni giorni prima, organizzati in un commando attrezzato all'uopo, avevano devastato un cantiere del Mose al Lido di Venezia producendo danni dei quali gli «squadristi», così definiti dallo stesso Pirani, avevano successivamente, in interviste e articoli graziosamente ospitati dalla stampa e non soltanto locale, elencato la natura e la gravità.
Nella rivendicazione il capo della spedizione vandalica, Luca Casarini, dopo aver menato vanto dell’«azione di sabotaggio» portata a buon fine peraltro sotto gli occhi della polizia che pre-avvertita e presente si era limitata a filmare le varie fasi dell'aggressione, ha annunciato che azioni di questo genere saranno ripetute, poiché si tratta di «difendere la città» di Venezia della quale evidentemente i vandali si sono autonominati custodi.
La prima riflessione, obbligata, riguarda l'atteggiamento delle forze dell'ordine. Nessuno dubita che compito di queste sarebbe stato, prima che di documentare quanto avveniva, di opporsi a un atto delittuoso che avveniva sotto i loro occhi. Se ciò non è stato si possono fare diverse ipotesi: che da qualche parte sia venuto loro il suggerimento, usiamo un eufemismo, di chiudere un occhio a scongiurare, anche questo è possibile, guai peggiori; è anche possibile, e anzi probabile, che le forze di polizia presenti abbiano ritenuto opportuno non intervenire supponendo nei vandali in azione un potere riconosciuto da altre autorità. Che è l'aspetto storicamente più grave e devastante dello squadrismo così opportunamente evocato. Insomma, un intervento più energico e più proprio di quello di limitarsi a documentare gli abusi avrebbe potuto procurare guai alle forze dell'ordine, prima ancora che ai delinquenti in azione.
Il Pirani conclude la sua denuncia rivolgendosi ai dirigenti dell'Unione e chiedendo loro, in pratica, se essi si rendono conto del rischio, nel caso di un accesso al governo, della presenza nelle loro file di forze politiche (egli si riferisce ai Verdi ma potrebbe nominare altri partiti) che lungi dal condannare queste bravate le proteggono dando loro asilo. Ed è proprio il caso di Venezia, ove esiste tuttora, se sono aggiornato, un assessorato che alle organizzazioni sediziose come quelle all’opera al cantiere del Lido, assicura fra l'altro mezzi logistici di proprietà pubblica che ne rendono possibile la presenza organizzata in città e nella Regione. E qui il Pirani, anziano e navigato osservatore politico, pecca di eccessiva ingenuità, visto che le forze politiche alle quali egli si riferisce sono parte integrante, e determinante di quell'Unione che oggi viene chiamata in causa, e della quale il Pirani è, che si sappia, fervente sostenitore.
L'episodio era fin qui noto soprattutto a livello di gossip, avendo qualche giornale pubblicato la foto di uno dei vandali in azione, certo Tommaso Cacciari, intervistato dall'Unità, che è anche nipote del sindaco di Venezia. Il quale sindaco, esprimendo il suo pensiero sull'accaduto si è limitato a definirlo un atto di «idiozia illegale», laddove il termine idiozia, rinviando a una presunta irresponsabilità, dà l'impressione di costituire una attenuante, più che una aggravante.
In realtà l'episodio di Venezia nella sua gravità, il sabotaggio confessato ed esaltato di un'opera pubblica, la premeditazione, seguita dall'annuncio che altri ve ne saranno perché, così si esprime il Tommaso Cacciari, «che volete che sia un serbatoio buttato in mare o una ruota sgonfiata rispetto al Mose, il mostro...», pone al Paese un problema di prima grandezza: la presenza, in una coalizione di governo, di forze che hanno un retroterra, tutt'altro che negato, votate alla sedizione, e alla violenza.
Bertinotti, che dell'Unione è parte decisiva, ragionando come pure sa fare al congresso del suo partito, tenuto sempre a Venezia nei mesi scorsi, definì «il movimento» la novità dei nostri giorni, e dei futuri, indicando in esso il superamento della contraddizione fra essere forza di governo e forza destinata, nelle intenzioni, a mutare l'ordine sociale del Paese. E tutto spiega, fra l'altro, l'incredibile atteggiamento delle forze dell'ordine di fronte a un caso, così evidente, premeditato, e rivendicato con orgoglio, di violenza nei confronti di un patrimonio pubblico. Il ministro degli Interni Pisanu non vorrà certo trascurare, ai fini della sicurezza, queste aree di illegalità che sopravvivono e prosperano nel nostro Paese. E chiarire quel che c'è da chiarire.
Questo per l'oggi, nel futuro si vedrà.
a.

gismondi@tin.it

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