Tre anni di invii di tele e disegni. E schizzi, lettere, poesie, teoremi, trattati. Sull'autore, però, mai una parola. Prima l'anonimato, poi le fredde iniziali, poi il nome e l'indirizzo. Da lì, i nostri primi contatti telefonici. Perché volevamo sapere chi era quel Andrea Ruggero che così copiosamente riempiva ogni giorno la cassetta delle lettere del Giornale. Poi, dopo tanti tentativi andati a vuoto, pareri di esperti di arte, di psicologi, diverse ipotesi su chi potesse nascondersi dietro quei segni colorati, quelle spatolate forti e istintive, dopo tre anni, arriva il «Sì» all'intervista. Anzi, prima il permesso, poi un'intervista per iscritto, confezionata proprio dal Nostro. E quello che c'era fra quelle righe non ha certo deluso le aspettative.
Andrea Ruggero, alias Claudio Goblin, il suo nome d'arte, nasce come perito elettronico. «Ma non era destino - scrive - e così mi sono avvicinato alla pittura nel 2002». Andrea - Claudio lascia la strada «tecnica» per quella dell'arte e inizia a comprare alcune tele. I primi schizzi sono a tempera, il primo ritratto quello di una «attrice molto conosciuta in America». Ma i frutti non soddisfano l'autore: «Il risultato finale fu piuttosto scarso - ricorda Ruggero -. Imparai in seguito e a mie spese che con la tempera si possono fare ottimi lavori su carta». Tolte di mezzo le tele bianche, almeno per un certo tempo, l'artista continua a sperimentate in un vortice di ispirazione che lo porta a confrontarsi con stili sempre diversi, con una musa ispiratrice così produttiva che lo porta a riempire anche in poche ore interi album. Passa così da nature morte di scuola Morandiana a periodi «Picassiani» («È proprio Picasso il mio grande mentore», sottolinea Ruggero), con qualche incursione nell'astrattismo, da De Chirico a Dalì, passando per Mirò.
È dal 2004 che iniziano gli invii, numerosissimi, alla redazione genovese del Giornale. Tutta la collezione al completo: dagli schizzi su carta e quelli su pannelli di legno, senza dimenticare i componimenti poetici, i teoremi e i progetti per la costruzione di complessi macchinari, retaggio di quel Ruggero perito che, a dispetto del Claudio artista, ogni tanto torna a farsi sentire.
Di recente, forse dopo aver superato le varie fasi di sperimentazione, Goblin, che si sente soprattutto pittore, è tornato all'uso della tela. I colori - che da tempere sono diventati a olio - sono sempre forti, accesi. Il segno violento e irrequieto. Ma la tecnica? «Uso assai di rado il pennello - spiega. Ed ecco il genio - Molte volte dipingo direttamente con il tubetto e uso la carta da giornale (del Giornale?) come spatola». Come tutti i grandi artisti, l'Eclettico non ha ancora smesso di evolversi. «Ultimamente - prosegue - ho osservato che l'acrilico opaco spray dona molta personalità all'olio su tela». Ruggero aveva opposto, fino ad ora, le sue opere alle sue parole. Bastava il suo «segno» per esprimersi, per confrontarsi con l'esterno. Adesso, con sue parole, ha svelato qualcosa in più del suo io. Ha aperto uno spiraglio. Che promette, però, ancora molte sorprese.
Domanda di rito: progetti per il futuro? «Attualmente sto attraversando un periodo di transizione.
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