Controcultura

Quando Pasolini raccontò, con Paolo Di Paolo, l'estate italiana

Fu uno di quegli incontri che, unendo letteratura e fotografia, diede vita a un grande giornalismo.

Quando Pasolini raccontò, con Paolo Di Paolo, l'estate italiana

Fu uno di quegli incontri che, unendo letteratura e fotografia, diede vita a un grande giornalismo. È il 1959. L'incontro è tra Pier Paolo Pasolini - da Casarsa, in Friuli, a Roma, quasi una fuga - che in quel momento ha 37 anni, scrittore in ascesa, ha già pubblicato i romanzi ma non è ancora regista né il polemista del Corriere, e Paolo Di Paolo - da Larino, in Molise, a Roma, quasi una conquista - che di anni ne ha 34, è un fotografo affermato, uno dei più importanti collaboratori del settimanale Il Mondo di Mario Pannunzio e non solo.

L'idea di farli incontrare è di Arturo Tofanelli, storico direttore del rotocalco Tempo e del mensile Successo, che si è inventato proprio in quell'anno. Per lanciare la testata, in estate pensa a un lungo reportage a puntate sulle vacanze degli italiani: il testo lo chiede a Pasolini e le foto a Di Paolo, che s'inventa un titolo geniale: «La lunga strada di sabbia», pensando alla strada faticosa percorsa dagli italiani per raggiungere il benessere. Quello straordinario racconto per immagini e parole sugli italiani al mare - dalla Liguria, confine francese, giù verso la Versilia, da Ostia a Catania, e poi su da Santa Maria di Leuca fino a Trieste: un'estate, due mari e l'Italia che senza saperlo vive il suo miracolo economico - viene pubblicato da Successo in tre puntate: luglio, agosto e settembre.

Eccolo qui: il reportage, con 101 fotografie, gli originali della rivista su cui uscì, la riproduzione dei dattiloscritti di Pasolini e una grande cartina dell'Italia con tutte le tappe del viaggio sono esposte, fino al 29 agosto, alla Fondazione Sozzani di Milano nella mostra La lunga strada di sabbia. I bagnanti che si pettinano davanti allo specchio al Lido di Coroglio, Pozzuoli: brillantina, zoccoli e Poveri ma belli. Le signore che si fanno la treccia sulla sabbia del Forte: pareo, due pezzi e il boom. La famiglia del Sud per la prima volta al mare, a Rimini: fazzoletto nero, cesta con la merenda e dignità. Walter Chiari a Fregene: divismo, machismo e turiste svedesi. E - unico scatto con lo scrittore - Pasolini sulla spiaggia del Cinquale, pantalone lungo e occhiali neri, che pensando a Rilke e Thomas Mann guarda un gruppetto di ragazzini sdraiati sulla spiaggia: eleganza, poesia e desiderio.

«Noi non ci conoscevamo - racconta Paolo Di Paolo, che oggi ha 96 anni ma i ricordi freschissimi -. Andai a casa sua a Roma a prenderlo, e partimmo con la mia spider. Non aveva un carattere facile. Mi sembrava roccioso, chiuso. Mi chiese un po' di Pannunzio e del Mondo. La prima sera ci fermammo a Livorno. A tavola non parlò, mangiò pochissimo, non toccò il vino. Poi mi disse: Suppongo che tu adesso vorrai andare a donne?. Lui aveva già adocchiato dei ragazzi a un tavolo. Più tardi lo vidi andare via con loro, come se li conoscesse da sempre. Dopo qualche giorno in Liguria ci separammo. Per me fu quasi una liberazione. Fino a lì non lo avevo visto parlare con nessuno, prendere un appunto, sembrava distratto. Ero preoccupato. Quando tornai a Roma per consegnare le foto della prima puntata, lo dissi a Tofanelli: Io le foto le ho. Ma Pasolini? Cosa scriverà?. Ha già scritto, rispose il direttore. Ed un pezzo meraviglioso. Ecco chi era Pasolini...».

Pasolini e Di Paolo continueranno a frequentarsi e impareranno a diventare amici. Il secondo sarà sul set, come fotografo, di tanti film del primo. E il primo voleva così bene al secondo da chiedergli un servizio fotografico, diventato celebre, a Monte dei Cocci, «... che oggi è la zona della movida, allora puzzava di stalla», ricorda Di Paolo. Il quale dopo avere immortalato la sua epoca abbandonò la macchina fotografica nel '68 e mise 250mila tra negativi, provini e stampe in cantina. Fino a quando li ha scoperti, pochi anni fa, la figlia Silvia.

Convincendolo - per fortuna - a fare splendide mostre.

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