Quando il presidente della Lega calcio si chiama Televisione

L’ASSOCALCIATORI Il presidente Campana: «Demenziale la scelta del posticipo»

Chi ha sbagliato? Vujadin Boskov lo chiedeva angosciato ai suoi collaboratori della panchina dopo aver preso un gol con la sua Samp a caccia dello scudetto e aveva qualche ragione. «Pagliuca!» gli rispondevano e noi sapevamo subito, al volo, cosa era accaduto. Questa volta, a margine di Lazio-Inter e dei veleni che ancora intossicano la sfida scudetto, hanno tutti puntato il dito sul calendario della terz’ultima sfida di campionato. Han cominciato quei candidi gelsomini di calciatori della Lazio, Christian Brocchi in prima fila, nella notte di domenica: «Il clima dello stadio ci ha condizionato ma forse ancor di più dei nostri tifosi, è stato il risultato dell’Atalanta nel pomeriggio ad incidere sulla gara contro l’Inter».
Gli ha fatto eco, qualche ora dopo, Sergio Campana presidente storico del sindacato calciatori, prendendo di mira, non i suoi associati, per carità, ma il calendario approntato dalla Lega definendo «demenziale la scelta del posticipo». «Con l’Atalanta che vinceva fino ai minuti finali, la Lazio avrebbe giocato fino alla fine» la sua convinzione. Di qui la proposta di provvedere per il futuro a spostare a tre i turni senza posticipi e anticipi.
Ecco chi ha sbagliato, la Lega professionisti, allora. Per una volta il suo presidente, Maurizio Beretta, definito presidente della Lega anti-fumo per l’interesse relativo all’incarico, è fuori dal mischione. Gli accordi sono precedenti alla sua nomina. Marco Brunelli, segretario generale, ha replicato ai sostenitori della controriforma. Primo quesito: avete preso in considerazione l’idea di mettere insieme oltre che Lazio-Inter anche Parma-Roma e Atalanta-Bologna? «Assolutamente no. Avremmo dovuto, per effetto della classifica, collegare anche Catania-Juventus visto che il Catania aveva gli stessi punti della Lazio. A quel punto anche Chievo-Napoli, in lotta con la Juve, andava posticipata. Troppe partite: o tutte o solo quelle prescelte. E così abbiamo fatto». Secondo quesito: chi ha voluto ridurre da quattro a due le giornate in cui è obbligatorio giocare tutti insieme? «La scelta è stata approvata da tutti i presidenti di A». Elementare, Watson.
Adriano Galliani è il dirigente più preparato in materia di diritti tv e di contratti con le tv. Ecco la sua analisi: «Guardiamo a Spagna e Inghilterra che sono i nostri competitor: Barcellona e Real Madrid han giocato in giorni diversi, Chelsea e Manchester che concorrono per il titolo, in orari diversi. Se si sostiene che in Italia non possiamo fare come nel resto d’Europa, devono anche dirci come possono fare le società a stare in piedi visto che dipendono in modo esclusivo dai diritti tv». Già: vogliamo nascondere le cattive abitudini del nostro calcio sotto il tappeto della contemporaneità dimenticando quel che la tv di Murdoch paga tutto l’anno. E quel che verserà nel prossimo anno quando il turno «contemporaneo» è l’ultimo: una cifra ancora più consistente. Piuttosto: è possibile a questo punto rinegoziare quel contratto? «Se è disponibile la tv interessata» la risposta di Brunelli, Lega calcio, che vuol dire: alzi la mano chi vuol rinunciare a una fetta di euro.
Chi ha sbagliato, allora? Di sicuro i calciatori della Lazio nei confronti dei quali non è possibile adottare alcun provvedimento disciplinare. Raffaele Ranucci, senatore Pd, una collaudata e gloriosa esperienza nel calcio (dirigente nella Roma di Dino Viola e capo-delegazione dell’Italia al mondiale del ’94 negli States) ha chiesto alla federcalcio di aprire una inchiesta per capire se «l’atteggiamento minaccioso dei tifosi laziali è stato il motivo che ha spinto i calciatori a tenere un comportamento antisportivo». Gli ha sbarrato la strada Demetrio Albertini, vice-presidente federale d’estrazione Aic con una frase da consegnare a qualche blob: «In campo si è giocata una partita regolare, è strano invece quel che è successo sugli spalti». Beato lui.


La tentazione di dare un segnale, in via Allegri, indirizzo romano della federcalcio, c’è stata ma alla fine in Abete ha prevalso la linea della prudenza, «non facciamoci prendere in giro». Perché si poteva anche aprire l’inchiesta: ma chi avrebbe confessato d’aver sabotato il campionato? Meglio sottrarsi al ridicolo.

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