Quanti applausi per chitarroni e fuochi d’artificio

dal nostro inviato

a Verona

Allora, il contrasto è forsennato: l’augusta Arena e lo show più caciarone della storia del rock. Già quando iniziano con Deuce, i Kiss producono un’onda d’urto di watt, luci e fuochi d’artificio che un articolo di giornale può solo far immaginare. D’altronde in due ore e venti mettono in scena tutto lo spettacolare repertorio che da quattro decenni tiene viva la Kiss mania: Gene Simmons (il demonio) canta e suona il basso, Paul Stanley (truccato come un figlio delle stelle) canta e suona la chitarra, Thommy Thayer (è l’uomo dello spazio al posto di Ace Frehley) è il chitarrista solista e lo strepitoso Eric Singer (l’uomo gatto al posto di Peter Criss) picchia la batteria. La scaletta è presto detta: la prima parte di quindici brani raccoglie il meglio dei dischi Alive I e II e qui brillano Black diamond e Cold gin.

I bis (7 canzoni) sono un condensato di effetti speciali, con il volo di Gene Simmons (che poi sputa fuoco) in I love it loud e Paul Stanley che viene trasportato con un cavo fino al mixer e da lì canta Love gun. Per carità: rock di grana grossa. Ma quanti applausi, signori.

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