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Quanti clienti nella gioielleria Rcs

Il comitato ese­cutivo della Rizzoli, che si è tenuto nei giorni scorsi, in fondo non è sta­to così lungo. Ma i temi erano succo­si. E la zuppa che ne vuole dare con­to

A un certo punto il presidente Enrico Salza ha ordinato un piatto caldo. Il comitato ese­cutivo della Rizzoli, che si è tenuto nei giorni scorsi, in fondo non è sta­to così lungo. Ma i temi erano succo­si. E la zuppa che ne vuole dare con­to, non può che apprezzare il gesto del vecchio signore di animo liberale, che può rinunciare a tutto ma non al suo pranzetto. Per il resto i temi sul tappe­to erano davvero importanti. La questione è sempli­ce. L’investimento in Spagna è stato pagato caro e oggi non vale ciò che è costato. È necessario svalu­tarlo. Ma di quanto? Senza entrare in pericolosi tec­nicismi, la faccenda non è di poco conto. Superata una certa soglia di deprezzamento sarebbe toccato ai soci della Rcs ricapitalizzare la baracca. Un bel problema. Per farla breve, le opzioni sul terreno era­no due. Mettere quattrini freschi in cassa o vendere qualche gioiello di famiglia. Vi diciamo subito che è stata scelta la seconda strada. E Salza, confortato dall’anima bazoliana della Rcs, tra una portata e l’altra ha pungolato (in teleconferenza) i soci. Die­go Della Valle, che inizialmente non era del tutto ostile all’aumento di capitale, ha subito fatto capi­re che sarebbe stato meglio percorrere la strada del dimagrimento. E con lui altri azionisti, tra cui i Pe­senti. Più scettico Rotelli. Il big della sanità lombar­da, che non ha fatto un sospiro nel tirar fuori più di 400 milioni per rilevare il San Raffaele, è stato, qua­si solitario, fino all’ultimo favorevole a un aumento di capitale. Ha evidentemente ancora quattrini da investire. Deve vedere di buon occhio la chance, es­sendo fuori dal patto, di aumentare la sua quota. E ha forse voglia di mediare i prezzi del suo investi­mento.

Sull’altro piatto della bilancia due bazzecole: la vendita delle partecipazioni in Francia e del palaz­zone di Via Solferino. Una più calda dell’altra.Sulla Francia ci sono già due proposte sul tavolo, molto appetitose. Ma che il management della Rizzoli (che pure non è certo ostile al gruppo di Della Valle & Co) non sta cucinandosi a puntino. È un treno che passa poche volte nella vita. Chi compra la Francia da Rizzoli diventa leader nell’editoria pari­gina: insomma, tocca approfittarne fino a che le co­se rimangono così. Si rischia pure di fare un buon affare. Per chi vende, si intende.

Sulla sede storica di via Solferino arrivano però i dolori. I giornalisti vedono il trasloco a Crescenza­go come il fumo negli occhi. E Ferruccio de Bortoli è il loro paladino e si è apertamente e formalmente dichiarato contrario. Nei tam tam del Corrierone si dice anche che la sede, per vecchia volontà della Crespi, sia destinata a solo utilizzo, per così dire, editoriale. Quanto sia vera o vincolante questa pre­visione è tutta da vedere, ma oggi fa gioco. L’idea, infatti, è quella di valorizzare una parte del palazzo­ne, chiedendone il cambiamento della destinazio­ne d’uso.

Due operazioni che potrebbero, secondo alcuni numeri circolati in comitato, coprire i 400 milioni necessari per non andare a chiedere nuove risorse ai soci e svalutare la Spagna. Ne vedremo ancora delle belle.

Ps.

 Tutti si interrogano su quale tra le fondazioni minori dovrà mollare il cda di Unicredit. Alcuni scommettono che Caltagirone, neo socio della ban­ca, avrà invece un posticino.

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