Lormai accreditato Ufficio studi della Cgia di Mestre ha calcolato la misura in cui la riformulazione delle aliquote e gli sgravi, presentati dal centrosinistra come un'operazione di giustizia sociale, consentirà ai percettori di redditi più bassi di trattenere qualcosa di più in tasca e a quelli dei redditi più alti di tirare fuori un po' più soldi. I calcoli sono stati elaborati in base alle due tipologie familiari più diffuse, quella del lavoratore dipendente con moglie e 1 figlio a carico e quella del lavoratore dipendente con moglie e 2 figli a carico. Lo spartiacque si situa a 35.000 euro nel senso che chi percepisce fino a questa cifra pagherà un po' meno e chi è al di sopra pagherà un po' di più. Ma quanto? E quanto sarà percepibile il cambiamento?
Poiché i numeri non sono un'opinione, a fianco del valore calcolato dalla Cgia, abbiamo diviso quel valore annuo per 365 giorni, e abbiamo trovato quanto effettivamente un nucleo familiare di tre o a quattro componenti potrà avere più o meno soldi da spendere ogni giorno. I dati sono riepilogati nella tabella a fianco e parlano da soli. Tenendo però presente che, se prendiamo ad esempio la fascia più debole, quel «di più» giornaliero di 53 centesimi che avrà a disposizione dovrebbe essere diviso fra tre o quattro componenti, mentre per la fascia in assoluto più elevata, il «di meno» giornaliero sarà di 5,58 euro, sempre da dividere fra tre o quattro. Cifre che non cambiano la vita. Ciò senza contare gli aumenti che pioveranno su tutti: dalle bollette all'Ici, cioè da aumenti uguali per tutti e da aumenti decisi dagli Enti locali.
Se con 53 centesimi al giorno in più non cambierà la vita del nucleo familiare con la fascia di reddito imponibile più bassa, non precipiteranno in miseria quei nuclei che dovranno pagare ogni giorno dai 12 centesimi ai 5,58 euro. Ne segue che è stato fatto un grande rumore, in nome di maggiore equità e giustizia, ma alla fine nessuna fascia di reddito se ne accorgerà: non aumenteranno in modo apprezzabile i consumi nelle fasce di reddito più basse e non diminuiranno in quelle più alte. E questo per una ragione molto semplice: perché l'aumento o la diminuzione dei consumi dipende dal Pil, cioè da quanta ricchezza produce un Paese nel suo insieme.
Ebbene, proprio sul lato dello sviluppo, come hanno notato tutti a partire dal governatore di Bankitalia, la Finanziaria non promette nulla di buono e di significativo. Quindi non solo aumenterà complessivamente la pressione fiscale, statale e locale, ma emerge la «grande bufala» di un governo della sinistra che toglie ai ricchi per dare ai poveri, e crea invece le premesse per rendere tutti più poveri in quanto, come ha detto Mario Draghi, la Finanziaria punta sulle entrate, cioè sulle tasse, ma solo per mantenere la spesa corrente, e non per dare al Paese quello «scatto» di cui ha bisogno, cioè quello sviluppo che, facendo aumentare la produzione e insieme la competitività, si traduce in più occupazione e in lievitazione di tutti i redditi.
Senza queste basi, l'obiettivo di una crescita del Pil al 3%, pronosticato da Romano Prodi, è una illusione. E se anche dovesse esserci, per una straordinaria congiuntura internazionale, nel nostro caso sarebbe vanificato dall'inflazione che, come si sa, è una tassa sui poveri.
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