da Milano
Eppure sera presentato agli elettori con un programma che nella rossa Bologna strappava applausi: maggior dialogo con i cittadini, migliore trasparenza nelle attività del Comune, una città più fruibile per tutti. Ingredienti giusti per titillare gli umori della progressista Bologna. A ciò si aggiunga che nel lontano 2004 il Cinese era allapice della propria fortuna politica. Solo lui sembrava incarnare i sogni di una sinistra allo sbando, in cerca di un punto di riferimento serio ma passionale, riformista ma razionale. Chiuso con la Cgil, Cofferati ha sciolto la riserva e sè lanciato nella sfida vinta in partenza per il Comune. Un plebiscito: eletto con il 57 per cento dei voti, sbaragliando Giorgio Guazzaloca, candidato uscente del Polo. Colui che ruppe il cliché di una Bologna sempre e soltanto rossa.
Bologna resta rossa ma di rabbia. Lira ricade proprio su Cofferati. Un impietoso sondaggio per il Giornale, effettuato dalla Ferrari Nasi & Grisantelli, rivela che i cittadini non ne possono più del Cinese. Alla domanda se il primo cittadino abbia fatto più o meno rispetto alle aspettative, il 64,3 per cento ha risposto che no, «ha fatto meno di quanto ci aspettassimo». Il giudizio è «molto negativo» per il 32,2 per cento degli intervistati, «abbastanza negativo» per il 24,4 per cento, per un totale del 56,6 per cento. Soddisfatti meno di 4 bolognesi su dieci. Più dialogo con la città? Macché, ha fatto «poco o niente» per il 63,6 per cento. Migliore trasparenza? «No» per il 53,4 per cento. Una città più fruibile? Neanche questo per il 53,4 per cento.
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