di Alberto Giannoni
Quelle foto parlano da sole. Raccontano la storia di un Pd apprendista stregone, che procura all'esausto Beppe Sala un nuovo gravissimo imbarazzo. Lo scatto pubblicato da Milanopost.info ritrae Sam Aly col candidato sindaco del centrosinistra Beppe Sala. Nell'altro, pubblicato da Matteo Forte, Aly è «accanto a Tareq Al-Suwaidan, un imam radicale che predica l'antisemitismo e al quale il Viminale ha negato l'ingresso nel nostro Paese». Ma chi è Aly? Un aspirante candidato del Pd al municipio 4. Aspirante perché le liste non sono ufficiali, quindi è possibile depennarlo senza remore una volta verificato il nuovo pasticcio a base di ideologia e politicamente corretto. Aspirante candidato ma sicuramente iscritto, se è vero quanto confermato dalla presidente di zona 4, che lo ricorda per oltre un anno al circolo di Rogoredo. Il centrodestra è partito all'attacco e Aly ha smentito di far riferimento ai Fratelli musulmani, come pure un'altra candidata (indipendente ma candidata ufficiale, fino a prova del contrario).
Ma la domanda è inevitabile: come è possibile che fra il Pd milanese e personaggi così discutibili come l'imam indesiderato in Italia (dal governo Renzi) ci siano così pochi «gradi di separazione»? Dovrebbe spiegarlo chi, sulle moschee, ha preso una cantonata dopo l'altra. Chi nel partito ha puntato su interlocutori sbagliati, invece di mettere il dossier moschee in mano a dirigenti come Maryan Ismail e Daniele Nahum, dotati di buon senso e pragmatismo al punto di chiedere moschee aperte e «laiche», da affidare direttamente ad associazioni credibili da ogni punto di vista.
E i centri islamici, che pure ufficialmente condannano il terrorismo, cosa aspettano a squarciare davvero ogni timidezza? Come fece la sinistra italiana, che sfogliando il suo «album di famiglia», cominciò a isolare davvero la violenza politica, contribuendo alla sua definitiva sconfitta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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