Quegli anni folli delle feste «chez Florence»

Maurice Sachs scrisse che, dalla fine della Prima Guerra mondiale, la vita in Francia non fu che un continuo 14 luglio. Parigi e Costa Azzura divennero il centro catalizzatore per milionari alla ricerca del piacere. Furono gli anni definiti «folli», durati fino alla soglia del ’40. Dopo, non rimasero che gli epicedi sulla fine di una civiltà irripetibile.
In quel mondo di aristocratici, di rappresentanti dell’arte e dell’alta finanza, tra ville e yacht, Packard e Bugatti, una delle punte di diamante di quei cosiddetti «felici» fu un’americana di origine francese, Florence Lacaze, moglie del magnate delle ferrovie statunitensi Frank Jay Gould. Moriva proprio nel febbraio di 24 anni fa una donna che ebbe tutte le qualità per emergere: bellezza, salute, buon gusto e vertiginosi conti in banca. Il crollo di Wall Street non intaccò il patrimonio Gould, poiché Frank aveva abilmente investito somme astronomiche in Francia tra banche, alberghi e casinò. Ma le sue qualità più eminenti furono l’intelligenza e l’amore per lo sport e la letteratura. Fu lei una delle prime donne a guidare le Hispano e le Bugatti e a lanciare la moda dello sci nautico a Juan-les-Pins, suo regno incontrastato: una delle ragioni che la legarono di grande amicizia a Paul Morand, cantore dei viaggi e della velocità.
Allo scoppio della Seconda Guerra mondiale Frank ritorna negli Stati Uniti, affidando alla moglie, assai più giovane, l’amministrazione del suo patrimonio europeo. E lei si dimostra forse ancora più abile del consorte, ma soprattutto si rivelò una degli ultimi mecenati di Francia. Durante il secondo conflitto le sue ricchezze ben amministrate - e sarebbe legittimo sospettare la protezione di uno dei suoi amanti nella Parigi occupata, lo scrittore Ernst Jünger - le permisero di rinnovare i leggendari ricevimenti d’anteguerra. Nonostante il coprifuoco e gli stormi di bombardieri, le riunioni chez Florence rimasero alla moda soprattutto per le vivande: caviale, paté, mousse di salmone, frutta esotica, champagne, scovati da lei al mercato nero a qualsiasi prezzo. Cene fastose che nel dopoguerra sarebbero continuate ogni giovedì all’Hotel Meurice. Sempre durante la guerra rifocilla anche coloro che rifiutano di partecipare ai suoi ricevimenti. È il caso di Céline, il quale ricambia da ingrato la generosità dell’amica.
Nei primi anni di pace, oltre a ricevere, Florence finanzia amici artisti. È lei che fa pubblicare a sue spese Johandeau e Léautaud, che allestisce una commedia di Adamov, e su richiesta del suo grande amico Jean Paulhan, factotum della NRF e della Gallimard, sostiene le Éditions de Minuit. L’amore per la letteratura la porterà a creare persino dei premi: quello della Critica e il Premio Max Jacob. La sua fama fu tale da avere influenza su alcune decisioni dell’Académie Française, facendo così eleggere dei suoi protetti. Ai quali procura, naturalmente a sue spese, presso sarti di fama, il famoso abito verde a ricami d’oro, divisa protocollare degli Immortels.
Sono ospiti alla sua tavola André Gide, Marcel Arland, Marcel Aymé, Salvador Dalì, Dubuffet, Antoine Blondin, Roger Peyrefitte, Eugène Ionesco, Jacques de Lacretelle, Pierre Benoit, Violette Leduc, Louise de Vilmorin. E l’immancabile Jean Cocteau, che scriverà nel diario del ’53: «Florence è sempre ubriaca, nelle nuvole, eccettuato quando tratta di cifre».
Nel ’56 Frank Gould - che per le favolose ricchezze si ebbe il soprannome da amici e nemici di Veau d’Or, vitello d’oro - muore il 1° aprile; ma non è certo trascurabile l’eredità che lascia alla moglie: esattamente il 30 per cento della sua ricchezza, secondo la legge statunitense, ossia, in questo caso, 157 milioni di dollari, equivalenti, allora, a più di 300 miliardi di vecchie lire. Florence raddoppierà queste sostanze, discutendo di affari con banchieri e finanzieri, sul suo yacht Astrée III. Ma la morte di Frank segnerà anche, paradossalmente, anche la fine della sua turbolenta vita sentimentale. Quasi epigrammatica la sua frase: «Alla mia età ho sufficientemente amato. Un gigolò mi costerebbe più di un quadro. Bisogna lasciare l’amore prima che l’amore vi lasci...».
Era rinomata tra amici e conoscenti anche per una notevole dose di coraggio. Nell’episodio più vistoso, ammirato da un tout Paris fremebondo per le manifestazioni e gli scioperi del Sessantotto, Florence decide di cenare all’Hôtel d’Alsace. I dimostranti circondano la sua vettura nell’intenzione di rovesciarla al grido di «Ça ira». Impassibile, lei abbassa il finestrino: «Potete rovesciare una Cadillac di quattro tonnellate, ma non rovescerete mai Florence Gould».
Intanto la sua nuova residenza di Cannes è divenuta raduno non solo di artisti ma anche di regnanti, come i Grimaldi di Monaco, di principesse e re spodestati come Maria di Borbone-Parma e l’ex sovrano di Spagna. Gli ultimi anni li trascorre come sempre nella mondanità. Quando il suo medico le diagnostica un cancro, continua imperturbabile a organizzare le sue leggendarie feste. E da allora, per il genetliaco, il numero degli invitati corrisponde, ultima bizzarria di gran dama, agli anni che compie. Nell’ultimo mese di vita le cene proseguono senza di lei. Muore il 18 febbraio 1983, di lunedì.

Poco prima aveva detto a una confidente: «Non avrei mai creduto fosse così duro morire. Dio mio, toglimi la lucidità. Aveva 87 anni.
Dinanzi alla sua bara, un amico commentò: «Non ci sarà un après Florence». Lei aveva chiuso un’epoca.

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