Le ossa di Sadio Coulibaly scricchiolano mentre si alza dalla sedia. Appoggiato al suo bastone, tenta qualche passo cercando il sostegno di sua moglie. Sadio ha 96 anni, è uno degli ultimi fucilieri (tiratori scelti) in vita che hanno combattuto durante la seconda Guerra Mondiale in Algeria e Indocina. Soldati africani reclutati dalla Francia e inviati al fronte come carne da cannone, per poi essere discriminati, in tempo di riconoscimenti, da pensioni e premi, e addirittura allontanati in malo modo quando si è trattato di chiedere parità di trattamento. «Ad Hanoi i proiettili non distinguevano tra bianchi e neri - dice amaramente Sadio - per andare in guerra non ci hanno chiesto un parere».
Nella sua modesta casa nel quartiere di Ndolofenne, a Saint Louis (capoluogo della regione omonima senegalese), Sadio conserva le vecchie medaglie e un certificato dell'Ordine del Leone concesso dal presidente del Senegal Macky Sall tre anni fa. Nonostante la sua età avanzata, riesce a recitare in dettaglio luoghi e date, come se si trattasse di una litania. «Dal campo di Kayes siamo andati a Tambacounda, Kaolack, Thies e Rufisque. Poi siamo andati in nave a Marsiglia. Sette giorni di viaggio. C'erano ragazzi di tutta l'Africa, del Senegal, del Mali, della Guinea e della Mauritania». Il suo racconto diventa poi confuso e aggrovigliato, salta da una guerra all'altra, dalla liberazione di Parigi al fango dell'Indocina, passando dal deserto dell'Algeria, ma alcuni dettagli sono rimasti nella sua memoria. «A Saigon la guerra è stata molto dura, ci hanno mandato nella giungla, dove abbiamo trascorso giorni e giorni senza mangiare e dormire. Il nemico è apparso improvvisamente dal nulla, c'erano cadaveri dappertutto». Poi venne mandato in Algeria, dove fu ferito e rispedito a casa. Dopo 18 anni nell'esercito arrivò il momento del congedo. Va ricordato che ai fucilieri africani il governo francese paga una pensione di circa 100 euro al mese, meno di un decimo di quella che ricevono i veterani transalpini. «Perché? - si domanda Sadio - I proiettili ad Hanoi non sapevano se fossimo europei o africani. Nella guerra molti fratelli africani sono morti sotto le bombe. Parigi ci ha anche promesso la nazionalità, ma non ce l'hanno mai concessa. Questo io lo chiamo tradimento. Non ho più l'età per viaggiare, ma i miei figli avrebbero potuto andare in Europa per lavorare e cercare di costruirsi un'esistenza. Se volessi visitare la Francia, nazione a cui ho dato tutto, dovrei ottenere un visto, ma per andare in guerra non mi chiesero nulla, mi obbligarono». I senegalesi integrarono il corpo di fanteria coloniale e furono reclutati in tutto il territorio africano sotto il dominio francese. Nel corso degli anni si agggiunsero soldati provenienti da Guinea, Mali, Ciad, Niger e anche dal Maghreb. In tutto la Francia ottenne il supporto nel continente nero di ben 400mila uomini.
Un atteggiamento completamente diverso da quanto accade in Germania, dove ancora oggi (pur tra mille polemiche) vengono pagate le pensioni dei volontari spagnoli che si unirono all'esercito nazista. Tra il 1941 e il 1944 più di 47mila iberici raggiunsero l'esercito tedesco formando la Division Azul per combattere al fronte orientale contro l'Unione Sovietica.
A Gandiol, a una dozzina di chilometri da Saint Louis, Moussa Bitteye trascorre la maggior parte della giornata a letto. Ascolta le parole con difficoltà e trova difficile riconoscere i propri nipoti. Ha 96 anni e ci sono notti in cui sogna e si agita irrequieto a letto. A volte si sveglia urlando. «Abbiamo trascorso quattro o cinque giorni nella giungla raccogliendo i feriti, ne ho portati molti sulle mie spalle, erano soprattutto fratelli neri, maliani e senegalesi», ricorda. Tocca a suo nipote Masseck completare la storia: «Si sente orgoglioso di essere stato un soldato, ma poi è dovuto rientrare. Era figlio unico e suo padre l'ha sostenuto».
Uno degli episodi più tragici della storia dei fucilieri non ha avuto luogo in una guerra lontana, ma a casa. Accadde il 1° dicembre 1944, quando un nutrito gruppo che era finito ai lavori forzati in Germania venne trasferito a Thiaroye (Senegal) dopo la liberazione della Francia. Decine di loro si ribellarono per non aver ricevuto da Parigi gli stipendi promessi, e vennero massacrati dai loro stessi compagni su ordine del generale francese Dagnan. La storia ufficiale parla di 35 morti, ma si ritiene che almeno 70 siano deceduti.
A pochi metri da Bitteye, sempre a Gandiol, vive Issoupha Diop, nato nel 1937, che ha trascorso due anni combattendo in Algeria. «Non ho bei ricordi di quel tempo, ciò che mi ha segnato è stata la morte di un amico dello stesso battaglione. Andò nel deserto inseguendo un ribelle, poco dopo trovammo il suo cadavere». Diop passa ore su un tappeto all'ingresso di casa. È stato militare fino al 1972 con i gradi di caporale, ma di pensione dalla Francia neppure a parlarne. «Ho tentato le vie legali, ma siamo povera gente e gli avvocati hanno costi insostenibili. Spesso la corrispondenza tra Dakar e Parigi si perde per strada. Non siamo stupidi, non arriva a destinazione perché la fanno sparire».
Una gruppo di ex fucilieri senegalesi, tra cui Sadio Coulibaly, eroi di guerra che si sentono maltrattati dalla Francia, hanno
fatto pervenire al presidente Macron, durante la visita nel paese africano del novembre 2017, tutto il loro disappunto per il trattamento ricevuto. «Aveva promesso di darci la nazionalità ma non ha mantenuto la promessa».
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