Quei 13 mesi vissuti pericolosamente

da Milano

Sono passati 13 mesi
dall’11 settembre di Marco Tronchetti Provera. Correva il 2006 e era lunedì quando il presidente di Telecom portò in cda un progetto di riassetto che prevedeva di trasformare il gruppo di tlc in una media company, per portare nelle case, oltre alla linea tradizionale, anche quella mobile (integrata), Internet e tv. Operazione da effettuare attraverso uno spezzatino a tre, con la scissione della Tim (e la possibilità di venderla), la valorizzazione della rete e la nascita di una divisione per i servizi tv. All’uopo, Tronchetti trattava con Murdoch, padrone di Sky, un accordo sui contenuti. Ma la decisione del cda venne osteggiata da Prodi in persona, anche perché il suo consigliere Angelo Rovati aveva fatto un piano diverso, che prevedeva lo scorporo della rete con l’ingresso di capitale pubblico (tramite la Cdp). Fu scontro totale e bufera in Borsa, con le dimissioni di Tronchetti dopo pochi giorni. Il neodirigismo governativo aveva dato prova di forza, cercando di imporre a un privato una soluzione pubblica. Mesi dopo Tronchetti propose l’ingresso di Telefonica, rimanendo comunque nel capitale di Telecom. Ma anche in questo caso fu osteggiato oltre che dai difensori dell’«italianità», anche dal nuovo presidente di Telecom, Guido Rossi, gradito al governo. Alla fine Tronchetti ha capito che qualunque piano avesse inventato per Telecom non sarebbe mai andato bene. E ha aspettato che fossero le banche a impadronirsi del gruppo.

Anche se il contorno appare oggi esattamente come quello che aveva pensato Tronchetti: Telefonica nel capitale e Murdoch a fornire i contenuti. Mentre contro la scissione della rete si è appena espressa la Commissione Ue.

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