Quei bimbi rubati da "mamma" Ddr

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Le effimere sono insetti lunghi un paio di centimetri, che vivono per il breve attimo incarnato dal loro nome. In primavera emergono dai fondali di fiumi e laghi e iniziano a danzare sulla superficie delle acque, e quella danza è tutto: lo scopo e la fine della loro esistenza. In quella danza si accoppiano, e poi muoiono. Però nel fango, sotto la superficie, le effimere restano a lungo, in forma di larva: quella danza sfrenata, quindi, è «il coronamento di una vita che si svolge per la maggior parte nell'ombra». Non vediamo le effimere, eppure sono centinaia di migliaia, nascoste sott'acqua. Invisibili, inimmaginabili. «Ma il semplice fatto che qualcosa si sottragga alla vista con tanta perseveranza non significa che non esista».

Questi sono i pensieri di un pescatore per passione, Hans. Un uomo cresciuto nella Repubblica democratica tedesca, con un padre a sua volta appassionato di pesca. Anche Hans è diventato padre: è successo nel 1979, quando sua moglie Katrin ha dato alla luce il piccolo Daniel. A quel punto, per Katrin e Hans, comincia un incubo infinito, destinato a superare i confini della storia del Novecento e delle sue molte ferite ancora aperte: in ospedale, Daniel viene dichiarato morto alla nascita. I medici non mostrano nemmeno il corpo del piccolo ai genitori. Ad Hans resta solo una bara da seppellire, scavando con le sue proprie mani, nel cimitero dove riposano tutti i suoi cari, nelle campagne vicino a Lipsia. Hans è sotto choc, ma per Katrin è anche peggio: lei non crede alla versione dei medici, perché ha sentito suo figlio piangere forte, come piange un bambino sano. Katrin è sicura che suo figlio non sia morto.

Katrin e Hans sono i protagonisti di La danza delle effimere di Matthias Jügler (Neri Pozza), un quarantenne autore tedesco nato a Halle, che ha studiato a Lipsia e a un certo punto si è imbattuto nella storia di Katrin S., una donna della sua terra natale «che sta ancora cercando». Sta cercando suo figlio, che lo Stato, ben poco democraticamente, le aveva portato via in culla, simulandone la morte. Camuffando le carte, cancellando la verità, costruendo intere esistenze di bugie. Riempiendo le cartelle cliniche di righe nere per occultare la realtà e inventarne una completamente falsa, eppure in grado di imporsi, per la forza della dittatura. Siamo oltre le adozioni forzate, i rapimenti degli orfani, pure attestate: si tratta di finte morti in culla, annunciate ai genitori come morti vere per sottrarre loro i figli e darli in adozione a degli sconosciuti. E per i figli diventati adulti, curiosi delle proprie origini, è confezionato un fascicolo dei servizi sociali, pieno di menzogne sulle nefandezze dei genitori naturali. Nella Nota finale al romanzo, l'autore afferma che sono circa duemila i casi sospetti su cui ancora si indaga, a trentacinque anni dal crollo del Muro.

Quello che accade a Hans, quarant'anni dopo avere

scavato la tomba del figlio, è di ricevere una telefonata da Daniel. Le effimere emergono dalla superficie, come certi pesci giganteschi, che spuntano all'improvviso, e sono il sogno dei pescatori. E dei padri disperati.

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