Quei bombaroli senza volto che fanno paura alla città

Sembra quasi impossibile, nell’epoca in cui viene intercettato praticamente di tutto. Eppure è così: il gruppo che ha inviato la lettera bomba alla Lega Nord esplosa in faccia a un dipendente delle Poste è, per ora, un’entità astratta priva di volti e di nomi. In questo momento, gli investigatori - per dire le cose come stanno - non hanno in mano nessuna traccia degna di questo nome, nessun elemento che possa far sperare di mettere in condizione di non nuocere la Federazione anarchica informale, la sigla che ha rivendicato sia la lettera dell’altro ieri che l’attentato all'Università Bocconi del 16 dicembre scorso.
Quell’impresa venne rivendicata su Internet con un documento della Fai-Sorelle in armi, ma i tentativi di risalire al computer da cui è partita la rivendicazione rimasero senza risultato. Così come si rivelarono infruttuose le altre indagini ad alta tecnologia: l’analisi delle telecamere di sorveglianza della Bocconi, del traffico telefonico nella zona dell’ateneo, eccetera. Nulla.
E le nuove indagini, quelle sulla lettera bomba alla Lega Nord, partono anch’esse praticamente da zero. In queste ore la Polizia scientifica sta analizzando il meccanismo a strappo utilizzato per il piccolo ordigno, alla ricerca di analogie con altre imprese simili. Per il momento, però, non si riesce nemmeno a fare ipotesi sul luogo di partenza della lettera, visto che l’esplosione ha distrutto i timbri sulla busta. E - anche se verrà compiuta comunque una verifica accurata - non ci sono grandi speranze di rilevare tracce di Dna o di impronte digitali.
La situazione è, in sostanza, questa: le ipotesi sull’ambiente da cui provengono questi ed altri attentati, la frangia estrema dell’antagonismo anarchico, sono ormai piuttosto precise. Ma mancano - almeno per quanto se ne sa ufficialmente - elementi che permettano a queste intuizioni di trasformarsi in accuse specifiche verso persone e gruppi ben identificati. In una galassia informale e disorganizzata come quella anarco-insurrezionalista si muovono molte decine di piccoli gruppi e molte centinaia di individui, e la caccia ai responsabili del «salto di qualità» rischia di assomigliare alla ricerca di un ago nel pagliaio.
Così ci si aggrappa anche alle piste più esili: come l’analisi parola per parola del volantino allegato alla bomba e sopravvissuto allo scoppio, alla ricerca di affinità con altri testi, di tic del linguaggio, di citazioni ricorrenti.

Ma di spunti ce ne sono pochi: il documento attacca il ministro dell’interno Roberto Maroni, accusandolo di essere complice degli stupri che avverrebbero nei Cie (i centri di identificazione e espulsione), e si cita a questo proposito un episodio che sarebbe avvenuto l’anno scorso nel centro milanese di via Corelli. Ma anche queste sono accuse che possono ritrovarsi in una miriade di volantini e comunicati dalla provenienza più disparata.

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