Quei «cantastorie» che incantavano le piazze lombarde Il viaggio editoriale di due ricercatori nella storia, nella tradizione orale e nella musica della nostra regione

Quando il folklore s’incrocia con l’etnomusicologia e la storia sociale. Patrimoni sonori della Lombardia (edizioni Squilibri) libro + disco + dvd, è uno splendido viaggio nella storia della cultura e della musica tradizionale italiana. Il termine folklore - coniato da un antiquario inglese - oggi anche in Italia è sinonimo di cultura e di arte, di ricerca sul mondo antico («del lamento funebre del mondo antico» scriveva Ernesto De Martino) avviata da Roberto Leydi e Sandra Mantovani. La ricerca sul campo è il momento affascinante di questo lavoro. Come il mitico Alan Lomax viaggiava (con un magnetofono e antidiluviani giradischi a cilindro)per le prigioni o per le foreste americane in cerca di anziani bluesmen dimenticati, così i nostri ricercatori sono partiti alla caccia dei tesori lombardi. Storie canti e suoni che naturalmente partono dalla tradizione orale e si collegano come un affascinante mosaico, con inaspettati rimandi anche all’America, dato che lo stesso Lomax ha lavorato a lungo da noi pubblicando una serie di preziosi cd con i canti di ogni regione.
In Lombardia dunque si passa dai Ciarlatani agli imbonitori di piazza (molti stazionavano a Milano davanti alla Rinascente) ricollegabili agli pseudomedici che, girando il West, vendevano mefitici intrugli, spacciandoli per medicine, con l’aiuto di musicisti itineranti come il mitico Gus Cannon detto «Banjo Joe». Da noi, invece di questi truffatori, c’erano abilissimi venditori come Piero Cremona (padre di Raul, il mago di Zelig), Gino Ricci, Giulio Monnet che veniva dall’Asmara e vendeva il «balsamo Tigre» in piazza Cordusio frequentando i balordi della zona. E poi c’è il mondo che va dai cantastorie ai «bergamini» del Lodigianoao che cantano ballate come Donna lombarda e Cecilia, dai canti delle risaie (celebri quelli delle sorelle Bettinelli)passando per i canti di miniera o alla variegata e inimitabile tradizione musicale del Carnevale di Bagolino. Già, i cantastorie, testimoni di un mondo perduto, come il grande pavese Adriano Callegari che dalle ballate passava disinvoltamente al cabaret.
Un mondo affascinante e poco praticato fino a poco tempo fa, dato che le ricerche si concentravano prevalentemente sul sud. Leydi comincia negli anni ’50: «Il mio accostamento alla cultura popolare dell’Italia settentrionale è frutto di un ragionamento neanche de tutto consapevole. Quegli uomini veri (per esempio quelli che avevano fatto la ferrovia americana), che sono storia (non di re, condottieri, generali)c’erano solo negli Usa o c’era qualcosa di simile anche in Lombardia?. Nessuno era andato a cercarli. Cominciammo così, dal canto di protesta». E dall’incontro con Lomax e con il folksinger per antonomasia, il 90enne Pete Seeger.
Esistono anche da noi questi personaggi; magari meno avventurosi ma altrettanto ricchi di fascino. E si vedono nei suggestivi ritratti del dvd di Ernesto Sala, suonatore di piffero; di Caterina Dondi, guaritrice, del cantastorie Pédar. E si ascoltano nelle 30 canzoni del cd, che nel capitolo «Materiale tradizionale di base» celebra favole, orazioni, riti spaziando da I due orfanelli cantata da Angelina Viani al canto lirico-narrativo Peppino éntra in stanza; e in quello «Moderno e contemporaneo» che va dal canto carcerario Gino Negri dove sei alla ballata Luciano Lutring.

Insomma un libro affascinante nello scoprire la pura tradizione lombarda e i suoi «sincretismi» con quella americana, dove nella fantasia Lutring è come Jesse James; così come certe ballate italiche sulla donna che sconfigge il diavolo si possono apparentare all’antica ballad angloirlandese Farmer’s Cursed Wife.

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